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Ammazza che viaggio

da 3 Mag 2015Culture, Presente0 commenti

Sin da piccola, quando guardavo la tv, mi soffermavo a guardare come le immagini scorrevano l’una dopo l’altra. Mi capitava di pensare a chi facesse questo lavoro: mettere insieme immagini; accostargli della musica; riprendere persone che parlano; creare una sintonia tra tutto questo e riuscire sempre a emozionare le persone anche se da dietro uno schermo.
E per questa volta, sono riuscita a stare dall’altra parte della camera, dall’altra parte della TV, dalla parte di chi crea. Di chi, come scopo, ha l’interesse del pubblico.

Siamo stati, infatti, noi di Ammazzacaffè, il 18 e 19 aprile, al Festival Internazionale del Giornalismo che si è svolto a Perugia.
A spingerci a partecipare è stato Fabrizio Ulisse, il quale durante una delle lezioni del corso di videomaking, riservato a noi di Ammazzacaffè, ci ha proposto di seguire il lavoro che avrebbe svolto al Festival con i suoi soci Pierangelo Valente e Lisa Miraldi, della società Vudio.
È stato grazie alla loro collaborazione e al loro supporto che abbiamo potuto avere a che fare con delle attrezzature professionali e delle spiegazioni specifiche su ciò che avremmo fatto nei giorni a seguire.

Arrivati a Perugia, siamo andati subito all’Hotel Brufani, sede della Press Room del Festival Internazionale del Giornalismo.
Trovarlo non è stato difficile; è bastato seguire i numerosi giornalisti e le macchine fotografiche.

Appena entrati, la nostra prima impressione è stata quella di caos: giornalisti che si muovevano da una sala all’altra, senza mai separarsi dalle loro attrezzature; personaggi pubblici intervistati in qualsiasi angolo; persone che facevano la fila in attesa di assistere ai vari panel.
E devo ammettere che, nel bene e nel male, tutti noi siamo entrati in quest’atmosfera.

Abbiamo poi avuto il nostro primo incarico: armarci di videocamera e intervistare le persone che camminavano per le strade di Perugia, che fossero giornalisti, turisti o perugini, chiedendo loro come vivessero l’atmosfera del Festival. Per fare un cosidetto ‘articolo di colore’. E poi seguire dei panel, proporre altre interviste, scrivere dei resoconti.

È stato bello poter finalmente fare il nostro lavoro di redazione con strumenti professionali, aiutati e circondati da professionisti.
È stato bello imparare a lavorare sotto pressione, senza mai dimenticarsi di ottimizzare il tempo per consegnare ciò che si produce nelle mani di altre persone che lo aspettano.

Il bello forse è stato questo: imparare a lavorare in gruppo, rispettando i propri impegni e sapendo sempre di poter contare l’uno su l’altro, pensando di spingerci sempre oltre le nostre capacità e accorgendoci  di essere in grado di riuscirci.

Tutti noi siamo certi di aver lasciato un po’ dello spirito di Ammazzacaffè nel Festival, e allo stesso tempo questa è stata un’esperienza positiva che ci è servita.

E chissà, forse, per alcuni di noi, sarà anche un trampolino di lancio…

Camilla Arbore

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