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Black Mirror: a Happy New Year – Recensione senza spoiler (parte 1)

da 1 Gen 2018Culture, Presente0 commenti

Negli anni passati Black Mirror ha fatto parlare di sé, e non poco, per la grande capacità di anticipare i tempi, mostrando possibili futuri allarmanti non sulle prossime tecnologie, quanto su quelle già esistenti. Nonostante ciò, il gioco delle parti fra finzione e realtà ha preso una strana piega quando alcune profezie della serie hanno iniziato ad avverarsi (link). Tuttavia, Charlie Brooker, il creatore della serie, non si è fermato, bensì ci ha consegnato altri sei episodi a livello dei precedenti.

Ep. 1 – USS CALLISTER:

Si apre il sipario. La nuova stagione inizia sull’astronave USS Callister. Ogni cosa ricorda Star Trek. Ci sono tutti i cliché del caso: una porta a scorrimento svela il Capitano Daly, che lancia ordini ai suoi sottoposti. I membri dell’equipaggio sono nel mezzo di una battaglia interstellare tra astronavi; sembrano spacciati, le decisioni vanno prese in fretta e i singoli subordinati non riescono a venire a capo della situazione. Per fortuna c’è lui: il grande Capitano Daly, il bravo ragazzo – “nessuno lo può negar” – che risolve l’imprevisto.

Power off. Si torna alla realtà. La messa in scena è finita e il gran Capitano Daly è “solo” Robert Daly, interpretato da Jesse Plemons (che abbiamo iniziato ad odiare già da Breaking Bad). È stata tutta una recita virtuale costruita con una versione modificata del gioco online “Infinity” dell’azienda Callister, di cui Robert è uno dei due capi. Lui è la mente che ha creato il codice del gioco e rimane fuori dai riflettori; Walton (interpretato da Jimmi Simpson), il suo socio, è il volto dell’azienda, lo Steve Jobs della situazione.

La realtà, come spesso ci ha abituato Black Mirror, non è come vorremmo. Per questo Robert Daly, sofferente per non ricevere il riconoscimento che gli spetta, ma anzi, disprezzato nella sua azienda, ha deciso di creare un suo micro universo in cui sfogare la frustrazione accumulata sul lavoro. L’equipaggio della USS Callister, infatti, è formato da cloni dei suoi reali sottoposti in azienda, ma coscienti di essere intrappolati in una simulazione.

L’episodio tematicamente vola a velocità superluminale dalla teologia alla clonazione, interrogandosi sul potere di ognuno. Tutto è sapientemente dosato nei ritmi e nella recitazione, sopra le righe quando necessario.

Ep. 2 – ARKANGEL:

Ricordo la prima volta che a scuola sentii parlare del fatto che le lezioni un giorno potessero essere visionate da casa. Ricordo l’ansia che provai nel sapere che mia madre, nel preparare il pranzo, avrebbe potuto seguire l’interrogazione e sapere come stavo andando. Magari la vostra avrebbe provato anche a suggerirvi qualcosa: “Ma dai, l’Italia è piena di piantagioni di barbabietole da zucchero! Lo sanno anche i sassi!”. Mia madre no, probabilmente mi avrebbe applaudito ironicamente, come i calciatori con gli arbitri, e mi avrebbe aspettato a casa con la cucchiarella di legno in mano. “Arkangel” è tutto questo, all’ennesima potenza.

Rosemarie DeWitt interpreta una madre parecchio apprensiva con sua figlia, timorosa di non poterle stare accanto nei momento di bisogno. Un pomeriggio la perde d’occhio in un parco giochi (la scena potrebbe ricordarvi qualcosa) e va nel panico.
Ciò scatena in lei un’assoluta voglia di controllo che la porta a testare la nuova tecnologia Arkangel: un sistema che permette di spiare ogni cosa del soggetto controllato, dalle funzioni vitali a ciò che vede. Ora, pensate per un attimo a tutto ciò che avete nascosto ai vostri genitori, dalla prima sigaretta alla prima volta che avete fatto l’amore. Credevate di essere soli? No, nella 4×02 di Black Mirror, non siete soli.

Jodie Foster dirige un episodio sensibilmente violento, che stupra l’intimità, la responsabilità e il controllo dell’individuo.

Ep. 3 – CROCODILE:

Il fil rouge che collega questa prima metà della quarta stagione è senza dubbio la mancanza del controllo da parte dei protagonisti. La mancanza di controllo su un’azienda, la mancanza di controllo su una figlia, la mancanza di controllo sulla propria vita e su quella degli altri. L’intreccio del terzo episodio, “Crocodile”, parte con un incidente. La protagonista e il suo fidanzato, di ritorno da una serata in discoteca, investono accidentalmente un ciclista, uccidendolo. I due vanno nel panico e decidono di gettare il corpo in un lago. Qui si intromette la tecnologia con il RecalIer, un marchingegno che permette di estrapolare i ricordi dalla nostra mente rendendoli visibili su uno schermo. Un potere decisamente scomodo per la protagonista, che dopo anni passati cercando di eliminare qualsiasi connessione tra lei e il ciclista si ritrova a dover affrontare la realtà.

Dall’inizio alla fine è un susseguirsi di cause e conseguenze, di bivii e decisioni, una scelta nella scelta. Un ricordo nel ricordo. Ma è di questo che si ciba il Recaller, di ricordi. Un loop infinito che richiama la struttura narrativa di “Inception” e che porterà Mia Nolan (cognome non casuale), interpretata da una strepitosa Andrea Riseborough, a perdere totalmente il controllo di sé e della sua vita.

Il tutto, dai meravigliosi costumi a una fotografia climaticamente perfetta, è sorretto dalla mano di John Hillcoat, che prende le tinte action del suo bellissimo “Code 999” e le riversa su “Crocodile”, rendendolo uno degli episodi registicamente più affascinanti della stagione.

Seconda parte qui.

Paolo Carabetta

Paolo Carabetta

Graphic Designer e Videomaker per Web, Cinema e Tv. La legge di Murphy è la mia legge.

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