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Guida galattica per universitari #1 – Geometria Descrittiva

da 5 Dic 2015Creazioni, Culture0 commenti

WP_20151205_3892Questo è un diario di vita universitaria. Questo non è un vero diario di vita universitaria. Tutte le parole qui dentro sono totalmente inventate. Alcune parole sono vere. Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale. Qualche riferimento a cose o persone è puramente voluto. Quest’introduzione sta diventando odiosa quanto il mio primo giorno d’università. Quest’introduzione difficilmente diventerà odiosa quanto il mio primo giorno d’università. O forse si. Nel dubbio mi fermo.
Il mio primo impatto con il muro della realtà universitaria dell’aspirante architetto avviene il 3 ottobre 2015. Ore 9.00. Aula 3A. Ultima fila. Prima lezione: Geometria Descrittiva.

Geometria Descrittiva…
Credevo di aver intuito cosa volesse dire “Geometria Descrittiva”. Il mio compagno di banco, il primo di una lunga serie di sconosciuti, più o meno svegli (nella misura in cui può esserlo un architetto), un fuoricorso sulla ventina dallo sguardo perso, aveva confermato le mie supposizioni con la sua risposta secca e concisa: “Disegno zi'”.
Disegno. Riga squadra e pedalare.
Sono sempre stato bravo a disegno. I fogli che consegnavo alle superiori erano sempre i più puliti della classe, escluse le brutte esperienze con la campana tempera mine e la sua capacità di spargere grafite e onomastici del calendario per tutto il foglio. Ero ottimista.
Ottimismo distrutto in 4 ore di lezione dal prof. O. R. insieme alle speranze tipiche del neo universitario come “dal 25 in giù il voto non lo accetto”. La cifra si è abbassata di 7 punti.
Geometria descrittiva vuol dire proiezioni; vuol dire rette perpendicolari al piano; vuol dire assonometrie trimetriche; vuol dire consegne impossibili e lavoro notturno; vuol dire “perché non usa il microfono che qua giù non si capisce una mazza”; vuol dire occhiali da vista perché vuol dire prime file occupate dalla sera prima.

Morale della favola. La supposizione era totalmente sbagliata e forse Carlo, o qualunque fosse il suo nome, aveva approssimato troppo. La mia idea di “disegno” era totalmente sbagliata. Non servivano le mie esperienze di disegno tecnico al liceo. Non servivano nemmeno le mie squadrette che da 30 cm si erano accorciate a 25.
Mi rimaneva solo la campana tempera mine e gli attacchi d’ira annessi.

Che poi la giornata era iniziata anche bene. L’apparenza inganna.
Nel bagno della facoltà, primo vero “non luogo” visitato durante i primi minuti da pre-studente universitario illuso, attraversato l’invitante anti bagno ed entrato nel minuscolo gabinetto, il mio occhio cadde sul il tipico “graffito da bagno pubblico inspiegabilmente assente dai gabinetti privati di chi li crea”. Modero i termini. “Roma strilla, il tuo più caro parente di sesso femminile pure”. Fine ironia “architettonica” con un pizzico di ermetismo mescolato a stress “geometrico”. Un capolavoro.

Alessandro Perrone

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