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Occupamo o no, occupamo si o no?

da 2 Dic 2014Culture, Presente0 commenti

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“Rega domani se occupa! Non famo scuola! Menomale oh, c’avevo l’interrogazione di matematica!”

Queste sono le parole che ho sentito dire da un ragazzo l’altro giorno in metro. Parole che sicuramente avranno detto molti altri studenti, perché ormai il pensiero dei ragazzi sull’occupazione é questo.

L’occupazione è diventata un semplice pretesto per perdere ore di lezione, per potersi sentire trasgressivi nel fare un atto illegale. Per poter passare del tempo a scuola in modo non costruttivo, per poter nascondere la verità ai genitori e sentirsi forti, indipendenti e in grado di scegliere da soli, davanti agli altri. Davanti alla massa. La massa, ormai, é priorità.
Il che è assurdo, perché ragazzi intelligenti si lasciano trascinare dalla moda e perdono del tutto una propria indipendenza.
Ecco che ci troviamo in un monopolio di pensiero, dove chi decide è chi sta dietro, non ci mette la faccia in prima persona: forze di destra e di sinistra fomentano le occupazioni nelle scuole per acquisire nuovi adepti e misurare sul territorio la propria influenza.

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È così da anni. Ormai va avanti questa storia per cui, tra ottobre e dicembre, sulle pagine dei giornali appaiono articoli sulle occupazioni delle scuole, su ragazzi all’apparenza stufi dei tagli all’istruzione pubblica e di scuole che crollano a pezzi.
Ma dietro tutto ciò, i ragazzi hanno davvero dei validi motivi per occupare una scuola?

Ricordiamoci che le occupazioni sono cominciate alla fine anni ’60; il Sessantotto é stato infatti un decisivo punto di svolta per le lotte studentesche e non solo.
L’occupazione é diventata, ed è tutt’ora, un momento collettivo di confronto e dibattito, sede in cui sperimentare, costruire le lotte, e, allo stesso tempo, guardare all’esterno, alla città, per irradiarla di proposte, creando così un clima di continuo fermento e socialità, in cui nessuno teme di esprimere il proprio punto di vista.

Non sempre, però, anche avendo dei motivi validi, l’occupazione è il modo migliore per far sentire la propria voce, proprio perché a volte si risolve solo nel girovagare nei corridoi perdendo giorni di lezione.

A mio parere quindi, occupare potrebbe essere utile solo se si hanno le giuste intenzioni e soprattutto se questi atti di protesta toccano i diretti interessati. Ma dato che ormai questa protesta è diventata una routine, sembra di sentire ogni volta la storia di “al lupo al lupo”, portando così le lamentele dei ragazzi a non essere più ascoltate.

Camilla Arbore

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