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Una città paritaria

da 20 Mar 2018Culture, Presente0 commenti

I privilegi, la diversità di classe, la non equità portano ad uno di stile di vita sociale scontroso e violento. La classificazione in classi sociali (operaia, borghese), data  principalmente dalla differenza economica, ha costruito un “metodo” di progettazione urbana. La stratigrafia di una città metropolitana si configura sempre attraverso zone pregiate, di alto livello sociale, e zone povere e industriali, legate al ceto della classe operaia. Ma facciamo un passo indietro.

 

Le prime città metropoli sono nate di pari passo con la prima rivoluzione industriale: nuovi materiali e nuove scoperte tecnologiche hanno cambiato il modo di lavorare e di produrre. Nuove tecnologie = nuovi prodotti; nuovi prodotti = più richiesta; più richiesta = più “mole di lavoro”; più mole di lavoro = più lavoratori; più lavoratori = più abitazioni. Si potrebbe continuare all’infinito, ma fermiamoci a questo punto: più abitazioni. La richiesta del prodotto in crescita esponenziale portò i datori di lavoro ad aumentare le ore lavorative degli operai. Questa corsa portò alla costruzione delle città dormitorio, ovvero luoghi in prossimità delle fabbriche per ospitare gli operai della zona. Queste città dormitorio sono l’esempio più eclatante della diversità sociale (non è un caso che le prime rivoluzioni sociali partirono proprio da qui). La condizione abitativa in cui versavano gli operai era pessima e di basso livello. Friedich Engels non a caso ha sempre sostenuto che la rivoluzione industriale ha peggiorato la condizione dei lavoratori (come nel saggio che scrisse nel 1845 “La situazione della classe operaia in Inghilterra”), soprattutto a causa della malsanità dei quartieri dormitorio, portando morte e sofferenza. Il problema principale di questi quartieri era proprio la disposizione degli alloggi, la poca cura igienica e la densità abitativa eccessiva. La densità è un rapporto tra persone e spazio, e ad essa sono collegati i concetti di intensità e varietà. L’intensità ha a che fare con l’insieme delle relazioni che lo spazio mette a disposizione e degli usi che le persone ne possono fare. La varietà è una differenza di soluzioni che riduce l’impatto di densità perché la rende meno omogenea e seriale.

 

La domanda che sorge spontanea è: cos’è lo spazio e come può aiutare il nostro modo di essere e vivere una città?

Lo spazio è legato alle nostre percezioni. È qualcosa che si costituisce e si forma nelle e dalle interazioni tra le persone. Ciò che manca oggi sono quegli spazi di raccolta, di incontro casuale, quell’imprevisto che dà la sensazione di essere in uno spazio positivo, in uno spazio vitale. La carenza e la povertà dei servizi è intesa come incapacità di essere/rappresentare dei punti fulcro di utilizzo e agglomerazione: le persone attirano altre persone, e si alza il livello di coinvolgimento. Il centro commerciale è lo specchio di una città introspettiva, di un’attività sociale migrata verso spazi più controllati, e non spazi pubblici aperti. Poi ci sono spazi nella città che hanno tempi diversi: dipende dalle funzioni e dalle relazioni stabilite con lo spazio pubblico. È importante non ragionare ad alternative, ma pensare alla contaminazione degli oggetti.

Da questa analisi possiamo estrapolare tre diversi concetti e spazi principali di una città:

 

Spazio pubblico: punto di collettività, di attraversamento, di aggregazione, di azione politica. Spazio della comunità aperto a tutti, opposto allo spazio privato. Lo spazio pubblico d’eccellenza è quello che si unisce o fa da tramite con quello privato, creando così lo spazio semi-pubblico;

 

Spazio semi-pubblico: punto di intervallo, di passaggio, tra lo spazio pubblico e privato. Strettamente legato alla vita privata ma di collettività (es. giardino di un condominio), molto spesso caratterizzato da aree verdi o pavimentate che ricordano degli spazi pubblici, ma con il controllo e la sicurezza di uno spazio privato;

 

Spazio privato: spazio personale, di privacy, di intimità, di raccoglimento familiare. Spazio in cui non non ci deve essere contatto con l’estraneo, se non per volere proprio. Spazio di riflessione, di svago e riposo.

 

L’idea di città, di abitare una città, deve partire da questi punti fermi. L’unione, o la migliore conformazione di questi tre spazi differenti (ma nel profondo simili) può creare l’idea di città “perfetta”. Vivere lo spazio pubblico come se fosse quello privato (nei sui limiti).

Daniele Mazzoni

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