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Il danno della parola

da 7 Giu 2021In primo piano, Presente0 commenti

Quest’anno sta diventando sempre più particolare. Tra gli avvenimenti più disastrosi ricordiamo gli incendi in Australia che hanno ucciso già 500 milioni di animali, i missili dell’Iran contro le basi militari statunitensi in Iraq come vendetta all’uccisione di Qasem Soleimani e il virus, che ha portato purtroppo all’aumento di altri fattori negativi, non di meno importanza. Perciò con l’aumento della depressione e dei vari disturbi mentali, la crescita dei casi di violenza domestica e il continuo cambiamento  dell’organizzazione scolastica potremmo dire di aver visto di tutto. Tra i vari problemi che sono sorti o che si sono aggravati, purtroppo troviamo il bullismo. 

Innanzitutto, cos’è? È una forma di comportamento sociale, aggressivo e il più delle volte ripetitivo nei confronti di persone ritenute più deboli e si può trovare in tante forme: sessuale, verbale, fisico, razzista, omofobo e quello online, più comunemente chiamato cyberbullismo.

Ma da dove può derivare questo comportamento? In effetti ci sarebbero molti motivi per cui una persona di una qualsiasi età reagisce così ed è davvero difficile risalire alla causa principale il più delle volte. Generalmente queste persone vengono identificate come coloro che sono cresciute in famiglie in cui manca l’educazione, dove magari la violenza in casa era all’ordine del giorno, oppure sono stati a loro volta bullizzati. Sono persone con rabbia repressa, gelosia o delusione d’amore, insoddisfazione personale e molti altri motivi.

Purtroppo però non c’è solo questo tipo di bullo, perché andando avanti con gli anni e con le varie ricerche si è identificato un altro tipo di aggressore, colui che ha un carattere carismatico, socievole e magari anche apprezzato dagli insegnanti, ma che si sente superiore per il suo livello di potere e quindi ricorre a questi comportamenti semplicemente per raggiungere degli obiettivi o mantenere la sua alta posizione.

Questo fenomeno si manifesta in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento; pensiamo semplicemente agli insulti che stanno aumentando contro molti ragazzi e ragazze omosessuali nei luoghi pubblici per dei semplici baci affettuosi o a scuola, dove a causa del Covid si è fatto sempre più spazio anche il cyberbullismo, come sui social del resto.

Prima immaginavamo la figura del bullo come quella persona che faceva perdere la voglia di andare a scuola, perché si aveva la perenne paura di passare per il corridoio, in bagno o nel cortile ed essere insultati, minacciati e resi vulnerabili, individuando il bullismo solo nella forma più comune, ovvero quella riguardante la violenza. Grazie allo studio dei professori e psicologi Iñaki Piñuel Zabala e Araceli Oñate si è arrivati a comprendere che il bullismo si può manifestare in nove diverse modalità, tra cui blocco sociale, molestie, minacce e manipolazioni. 

Quante volte è capitato di essere stati esclusi da un gioco perché più deboli o da un discorso perché non ritenuti all’altezza e per questo messi da parte, soli a non capire il vero problema? Quante volte è successo di essere stati derisi per il modo di vestire, per l’accento, per la provenienza o persino per l’aspetto fisico facendosi venire mille complessi che magari poi si sono manifestati attraverso problemi più gravi? La scuola però non dovrebbe essere causa di malessere e ansie, anzi dovrebbe far in modo di tenere al sicuro e proteggere i propri alunni, rafforzando per esempio la figura dello psicologo. Non deve solo svolgere la funzione di supporto per le vittime, ma anche per il bullo, poiché utilizza modalità inadeguate per affrontare per esempio conflitti sociali o alcune difficoltà personali. 

Nel 2021, nell’era della tecnologia, invece che migliorare il mondo con le nuove risorse, siamo obbligati a combattere contro chi le usa per denigrare in più modi possibili i nostri coetanei. Viviamo in un mondo in cui l’opinione della gente vale più di quello che pensiamo realmente, che un like o un numero di followers sconosciuti su Instagram cambia la vita, nonostante le norme contro il bullismo. Infatti, per esempio, da poco Instagram ha inserito la possibilità di oscurare agli altri i like dei propri post e ha aggiunto un nuovo “strumento di difesa” chiamato Restrict, che offre la possibilità di proteggere il proprio account da situazioni indesiderate. In questo modo l’utente può limitare la visibilità dei commenti delle altre persone, oppure renderli visibili ma con la sua approvazione. Già dall’inizio, inoltre, è possibile segnalare o bloccare l’account del bullo, anche se quest’ultimo strumento è poco utilizzato poiché le vittime hanno paura di aggravare la situazione in cui si trovano.

La paura è soprattutto per i più giovani, poiché presenti maggiormente nei luoghi in cui si possono trovare i bulli e poiché utilizzano di più i social. Manca ancora una cultura del diverso; molte persone non capiscono che essere diversi non sempre è una cosa negativa, che il mondo è bello perché è vario e bisogna rispettarsi. Tristemente, invece, si sente parlare sempre più spesso di questo fenomeno, storie di ragazzi in sovrappeso oppure omosessuali, ma anche ragazze a cui vengono fatti video e foto dopo averle fatte ubriacare per deriderle pubblicamente su internet, nei gruppi di WhatsApp con frasi anche offensive e volgari. 

Tutto questo però purtroppo ha delle conseguenze non sempre risolvibili: si passa dalla vergogna all’isolamento della vittima, oppure possono nascere forme di depressione, attacchi di panico. Ci sono, inoltre, i casi estremi, vale a dire l’autolesionismo o addirittura il suicidio. 

Noi però dobbiamo reagire, non possiamo stare fermi a subire o arrivare al limite, dobbiamo cambiare. Dobbiamo essere fieri di quello che siamo, di quello che facciamo e dei nostri sogni, perché solo così possiamo andare avanti. Dobbiamo far vedere che siamo forti, anzi dobbiamo esserlo davvero, perché così facendo, il bullo si sente inferiore. Perché alla fine cos’è? Certo è una persona che appare dura, sicura di sé, soprattutto se dietro a uno schermo, prepotente e arrogante, ma anche codarda, poiché attacca persone che ritiene più fragili. Dietro a quello scudo che cerca di mascherare con questi atti, molte volte il bullo ha delle difficoltà relazionali che tendono a peggiorare. Secondo Goleman infatti, psicologo, scrittore e giornalista statunitense, il bullo, non riuscendo a decifrare i suoi stati d’animo, agisce d’impulso, spesso proiettando la sua aggressività verso gli altri. 

Un altro modo per ridurre il bullismo, oltre all’indifferenza, è la parola. Sembra una cosa banale, ma tutt’altro, perché molte volte il problema può diventare più grande di noi e avere qualcuno al nostro fianco fa sempre bene. Questo aiuto, però, può essere efficace solo se si cambia anche nei diversi ambiti, magari attraverso il miglioramento dell’educazione a scuola, con un migliore approccio con gli alunni da parte degli insegnanti. Non bisogna parlarne, infine, solo in luoghi “piccoli”, ma anche in TV e sui social.

Questo problema non può passare in secondo piano. Bisogna combatterlo.

Manuela Mancuso

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