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Introduzione a “Flusso di Coscienza”

da 11 Dic 2020Creazioni, Culture, In primo piano0 commenti

Il titolo del brano dei nostri Federico (a.k.a. FMB) e Alessandro (a.k.a. Blood) ci fornisce subito un’indicazione precisa di ciò che ci troviamo davanti: il flusso di coscienza è una tecnica narrativa che, tramite un monologo interiore,  esprime sentimenti e pensieri così come affiorano alla mente, con libertà espressiva e spontaneità, prim’ancora di una formulazione logica.

Lo racconta bene anche il testo: “Ho solo una penna e un flusso di coscienza da riversare sopra un beat con irriverenza”, uno dei versi iniziali, che permette, attraverso l’immagine dipinta dal verbo “riversare”, di comunicare cosa significhi abbandonarsi liberamente all’espressione di uno stato d’animo.

La letteratura nostrana ed europea è piena di esempi che ne danno testimonianza: Italo Svevo, Luigi Pirandello, James Joyce, Virginia Woolf sono solo alcuni degli autori che hanno dato dimostrazione del sapiente utilizzo di questa modalità di espressione.

Qualcosa di loro si ritrova anche nel brano, dove “mascherarsi come in Pirandelloci ricorda l’alienazione che a volte, durante il lungo percorso delle nostre vite, incontriamo tutti; quella sensazione di non poter essere autentici, di non ritrovarsi più all’interno delle tante maschere utilizzate per nascondersi, forse per proteggersi. Una sensazione di cui probabilmente molti giovani al giorno d’oggi si sentono vittima, pensando di esserne prigionieri: “cammino tra la nebbia, profondo sottosuolo, la mente vaga come non avesse un ruolo”.

La realtà virtuale, quella in cui ognuno di noi è ormai abituato a navigare, può alimentare questo tipo di stati d’animo, divenendo un mare in tempesta in cui è possibile perdersi: “velenosi pensieri per il cervello, finte realtà conducono al macello”. In questo senso è importante mantenere sempre una certa consapevolezza, saper costruire una propria mappa in cui orientarsi, da usare per non smarrire la via.

Può succedere, infatti, di perdere di vista qualcosa, di sentirsi offuscati: “non riconosco affatto questo posto”, dice il testo, alludendo a quella rimozione con cui la mente ci protegge a volte da un ricordo doloroso: è sottile, in questo senso, il legame fra conscio e inconscio, di cui Freud, padre della psicoanalisi, dà peraltro definizione all’inizio del Novecento.

La morale è quella che incita al movimento, a non restare fermi, a non arrendersi: “segui il flusso, finché ti porta in luoghi ignoti. Ora mi tuffo nell’abisso”, come sottolinea il testo.  L’abisso può essere un pozzo in cui sprofondare, ma può essere anche il luogo in cui, scavando, si trova il senso più vero delle cose, sotto la coltre di tutto quello che è invece superficie: “L’illuminazione lascio che ti tocchi”. 

ASCOLTA IL BRANO

Introduzione di Vanessa Di Pietro
Brano di Federico Maria Baldacci e Alessandro Sabatini

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