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M¥SS KETA E LE RAGAZZE DI PORTA VENEZIA

da 10 Apr 2020Culture, In primo piano0 commenti

“Una donna che uno, due, una donna che conta, una bionda che tre, quattro, una bionda che abbonda”

(https://www.youtube.com/watch?v=daGP5fPDlqE)

Tante sono le frasi, anche tra i suoi testi, che sono state usate per descriverla, per darle delle caratteristiche, un’immagine, ma mai un volto… È un personaggio misterioso, intrigante e con una verve pazzesca, stiamo parlando del fantasma dell’occhiale da sera: la giovane rapper milanese, M¥SS KETA. 

“La storia vera o la leggenda?” (Incipit del video “Le ragazze di Porta Venezia – The manifesto”) Si vocifera che M¥SS KETA sia una sorta di entità sempre esistita, una figura perpetua nel tempo che ha come unica caratteristica costante quella di essere stata una donna che ha sempre contato. Nei suoi testi, o in quelle interviste che rilascia sempre meno raramente, M¥SS KETA racconta le sue rocambolesche storie d’amore, intime liaison, ma anche hangover pazzeschi con personaggi portanti della scena mediatica italiana degli anni ‘80 e ‘90: Lorenzo Jovanotti, Lele Mora, Antonio Ricci. M¥SS cavalca spesso e in maniera impeccabile quella magica nostalgia del passato che caratterizza sempre una nuova epoca, voltando la testa indietro per guardare a quei decenni sfavillanti e sregolati di cui i suoi ascoltatori conoscono poco e niente. Allo stesso tempo, questa sua originale reinterpretazione del vintage riesce ad attirare anche un pubblico più adulto che, grazie al suo umorismo pungente, riesce a far divertire quando viene ospitata in programmi d’attualità come ’Propaganda Live’ di Diego Bianchi, in arte Zoro. Mentre canta M¥SS Keta lascia delle tracce che, come vedremo più avanti, ripercorrono la storia della società italiana, dipingendola come un grosso circo di bestie non ammaestrate tutte sedute a questo grosso banchetto dionisiaco: l’Italia della prima Repubblica. 

“Sì, non sono una santa, ma erano altri tempi, erano gli anni Ottanta. Quando il tempo era poco, ma la bamba era tanta”

(Una donna che conta, 2018 https://www.youtube.com/watch?v=daGP5fPDlqE)

Questi racconti tra sesso, droga, soldi e fama sono indubbiamente una calamita per le nuove generazioni, ma anche un’opportunità per farsi un riso amaro ascoltando barre su una società corrotta fino al midollo. Ciò porta M¥SS KETA, tra la sue tante maschere, a indossare anche quella di reporter. Grazie ai suoi testi ritornano a galla capitoli imbarazzanti e oscuri della società italiana. Potremmo dire che, cercando di semplificare la sua personalità artistica, M¥SS KETA sia l’incarnazione del trash e del cringe italiano fino a oggi, il tutto impacchettato da un sensuale vestito in latex rosso e un burqa di Gucci. Un esempio del cringe myssketiano può essere trovato nella foto che la ritrae con Massimo D’Alema, scattata ai piedi del palcoscenico sul quale l’artista si sarebbe poi esibita.

“Ragazzi non potete chiedermi così tanto, l’unica cosa che vi posso dire è che Massimo era molto felice di vedermi, non so se mi spiego…”

(Intervista a Vanity Fair Italia)

Come abbiamo potuto intuire la KETA è dotata di un attento occhio critico, cosa che, da personaggio pubblico, porta inevitabilmente a prendersi impegni civili. Il 18 Ottobre 2019 la rapper meneghina ha rilasciato una nuova versione di un suo vecchio pezzo: “LE RAGAZZE DI PORTA VENEZIA”, aggiungendo al titolo “THE MANIFESTO”. In questa nuova versione, al fianco di altre artiste come Elodie, Priestess e La Pina (una delle prime rapper italiane), M¥SS marcia per le strade della zona di Porta Venezia, a Milano, con una coloratissima ed eccentrica compagnia, specchio di tutte le minoranze culturali e sociali che tutti i giorni lottano per abbattere pregiudizi ed inserirsi nella società. Quella stessa società passata e corrotta che in altri singoli la rapper deride, ma che purtroppo è ancora oggi intrisa di perbenismo e preconcetti. Quindi è come se M¥SS KETA stesse esponendo il manifesto di un partito capace di raccogliere tutti gli esclusi, derisi e maltrattati, ricordandogli che possono desiderare, pretendere ed ottenere.

Il video è ambientato a Porta Venezia, il quartiere più multietnico di Milano: la fermata della metro che lo attraversa è una stazione con i muri dipinti con i colori dell’arcobaleno, per annunciare già da sottoterra che quella è una zona dove chi ha pregiudizi non è escluso, ma sicuramente non spalleggiato. Non è un caso, infatti, che le canzoni di M¥SS KETA facciano ormai da colonne sonore di tutti i Gay Pride d’Italia. Possiamo dire quindi che la giovane ragazza milanese abbia vestito i panni di rapper, reporter e chissà se un domani la vedremo in quelli di attivista. 

Gabriele Albertini

Gabriele Albertini

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