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I referendum dell’8 e 9 giugno 2025: su cosa si vota

da 8 Giu 2025Presente0 commenti

L’8 e il 9 giugno 2025 si terranno cinque referendum abrogativi, di cui quattro incentrati su lavoro e uno sull’ottenimento della cittadinanza italiana. Si potrà votare domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Trattandosi di referendum abrogrativi, il loro obiettivo è quello di cancellare una o più parti (parole, frasi) di una legge cambiandone gli effetti. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa cambierebbe in caso di vittoria del sì e raggiungimento del quorum in ognuno dei quesiti.

Una premessa: non faremo riferimenti espliciti alle norme oggetto dei referendum, per evitare di perdersi in decreti, numeri e leggi varie. Se volete approfondire questi aspetti vi rimandiamo a questo articolo del Post e a questo approfondimento di Fanpage firmato dalla ricercatrice Roberta Covelli, che sono anche le nostre principali fonti.

Quesito n. 1. Quello sui licenziamenti illegittimi (scheda verde)

Il primo quesito riguarda le tutele dei lavoratori in caso di licenziamento illegittimo, cioè quando si viene licenziati senza giusta causa. È quello un po’ più complicato da spiegare, ma tenere duro. 

Nel 2015, nell’ambito della riforma Jobs Act messa in atto dal governo Renzi, ci sono state delle modifiche che hanno riguardato due aspetti dei licenziamenti illegittimi in aziende con più di 15 dipendenti:

  • i casi in cui l’azienda è obbligata a reintegrare il lavoratore;
  • l’entità del risarcimento che il lavoratore ottiene.

Per il primo punto, la legge voluta dal Governo Renzi ha ristretto i casi in cui, dopo il licenziamento illegittimo, un’azienda medio-grande deve riasssumere il lavoratore. Facciamo un esempio pratico: con la nuova legge è stata esclusa la possibilità di reintegro in caso di licenziamento collettivo, cioè quando un’azienda licenzia almeno cinque dipendenti in quattro mesi. I casi di reintegro, peraltro, erano già diminuiti rispetto a quelli previsti dall’originario Statuto dei Lavoratori per effetto di una legge del 2012. 

La stessa legge legata al Jobs Act aveva poi modificando l’entità del risarcimento che il lavoratore può ottenere in caso di licenziamento illegittimo, abbassando il minimo da 12 a 4 mensilità di stipendio e mantenendo invariato il massimo a 24 mensilità. Questa norma è stata modificata nel 2018 con il Decreto Dignità, che aveva aumentato minimo e massimo rispettivamente a 6 e 36 mesi. Entrambe le modifiche, quella del 2015 e quella del 2018, verrebbero, in caso di successo del referendum, eliminate tornando a minimo 12 e massimo 24 mensilità.

In conclusione, gli effetti del questito sarebbero due: 

  • Aumentare i casi in cui a seguito di un licenziamento illegittimo il lavoratore può essere reintegrato, includendo di nuovo, ad esempio, i licenziamenti collettivi;
  • Ristabilire le cifre previste per il risarcimento che si può ottenere: per il minimo dalle 6 mensilità di stipendio attuali alle 12 previste prima del 2015, per il massimo dalle 36 attuali a 24.

Quesito n. 2. Quello sull’indennità in caso licenziamenti illegittimi, ma in aziende piccole (scheda arancione)

Su questo ce la caviamo molto prima: il quesito propone di modificare una norma del 1966 che stabilisce il risarcimento massimo che si può ottenere se si è vittima di licenziamento illegittimo in un’azienda con meno di 15 dipendenti. Un’azienda quindi piccola, che non vuol dire possa fatturare poco.

Ad oggi il risarcimento massimo che si può ottenere va da 6 mensilità di stipendio fino a 14 mensilità, raggiunte se si lavora in quell’impresa da più di 20 anni. In caso di vittoria del referendum, il giudice potrà stabilire a sua discrezione l’entità del risarcimento sulla base di vari criteri (gravità della violazione, età del lavoratore, capacità economica dell’azienda).

Quesito n. 3. Quello sulle motivazione per cui attivare un contratto a tempo determinato (scheda grigia)

Per spiegare in maniera veloce il terzo quesito partiamo da una premessa. Come scrive Roberta Covelli, secondo la legge italiana, “la forma comune del contratto di lavoro è quella a tempo indeterminato”. Il contratto a tempo determinato, quello che ha una durata specifica, è un’eccezione che andrebbe motivata. Ad esempio, posso fare un contratto a tempo per una sostituzione maternità.

Il Governo Renzi (sempre lui!) nel 2015 aveva invece liberalizzato il ricorso a questa pratica, stabilendo che le aziende potevano stipulare contratti a termine senza dare motivazioni con il solo limite dei 3 anni di durata. Negli anni successivi la norma è cambiata più volte: anche l’attuale Governo Meloni ci ha messo mano. Al momento si può fare un contratto di un anno senza causali, cioè motivi specifici; superato l’anno bisogna dare una motivazione sul perché quel lavoratore rimarrà precario. I motivi possibili fra cui le aziende possono scegliere sono però molti, come stabilito dall’attuale Governo.

Se il referedum passasse, i datori di lavoro dovrebbero sempre dare una motivazione quando si attiva un contratto a tempo determinato.

Quesito n. 4. Quello sugli infortuni sul lavoro nell’ambito degli appalti (scheda rossa)

I due quesiti precedenti sono filati lisci, vero? Ora torniamo a chiedervi un po’ di pazienza. Il quarto quesito riguarda il sistema degli appalti e della responsabilità del commitente (chi commissiona un’opera) verso l’appaltatore (chi, scelto dal committente, svolge l’opera o una sua parte). L’obiettivo del referendum in questo caso è rendere il committente sempre responsabile in caso di infortuni di un lavoratore di un’azienda appaltatrice o subappaltatrice, sia a livello civile (cioè a livello economico) che penale.

La legge attuale prevede che il committente sia responsabile sempre tranne per un caso: se i danni sono «conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici». “Detta in modo più semplice – come scrive ilPost – se l’incidente di un lavoratore della ditta appaltatrice avviene mentre si svolgevano mansioni su cui si ritiene che la ditta committente non abbia alcuna possibilità concreta di controllo e di intervento, allora la ditta committente non deve pagare”.

Il referendum eliminerebbe questa eccezione. L’obiettivo dei promotori del referendum è in sostanza quello di far sì che i committenti appaltino o le ditte subappaltino (cioè passino a un’altra ditta un lavoro che qualcuno gli aveva assegnato) verso aziende affidabili e sicure per i lavoratori, a costo di guadagnarci un po’ di meno.

Quesito n. 5. Quello sugli anni di residenza necessari prima di chiedere la cittadinanza italiana (scheda gialla)

Dopo questa abbuffata di appalti e subappalti, torniamo su questioni più immediate, ma non meno importanti. Il quinto quesito riguarda gli anni di residenza regolare che è necessario avere prima di fare domanda per la cittadinanza italiana. Questa legge tocca un numero molto grande di persone, fra il milione e mezzo e i due milioni e mezzo, secondo le stime.

La norma attuale prevede che le persone straniere provenienti da paesi non europei prima di poter chiedere la cittadinanza debbano essere regolarmente residenti in Italia da 10 anni. Si tratta di una soglia fra le più alte in Europa. Il referendum avrebbe l’effetto di accorciare gli anni di residenza necessari a 5 anni.

Una fondamentale postilla: quello degli anni di residenza è solo uno dei requisiti necessari. Se il referedum passa milioni di persone non diventeranno, di colpo, italiane. Dovranno comunque fare domanda, attendere circa 3 anni per la lavorazione della pratica e poi, forse, ottenere la cittadinanza.

Eccoci qua, abbiamo finito. Speriamo che le spiegazioni siano state comprensibili e le vostre idee, dopo averle lette, più chiare. Decidere e partecipare è importante, quindi da Ammazzacaffè buon voto a tuttə!

Foto di copertina: Maritè Toledo

Alessandro Perrone

Alessandro Perrone

Alessandro è un ragazzo che vive e lavora a Roma nell'ambito della formazione e che non si fa scrupolo a descriversi in terza persona. Appassionato di musica in quasi tutte le sue forme, ma con una leggera predilezione per i freddi suoni dell'elettronica.

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