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Anno all’estero: un’esperienza imperdibile

da 22 Dic 2022Culture0 commenti

Good evening! Bonsoir! Buenas tarde,  Guten Abend. Recentemente ci siamo trovate  a parlare di un tema molto attuale per noi studenti del terzo anno di liceo, desiderose  di aprire gli occhi e scoprire come funziona il mondo intorno a noi: l’anno all’estero… Ci siamo accorte che la maggioranza degli studenti della nostra età ne sappia ben poco. Abbiamo intervistato oltre venti ragazzi per mettere a confronto le testimonianze tra le aree del nord e sud Italia.

Innanzitutto, in che cosa consiste? 

Quando si parla di ‘exchange abroad’ si tratta effettivamente di uno ‘scambio’ di genere culturale all’estero. Infatti la maggior parte delle famiglie ospitanti è costituita da volontari che, oltre alla loro buona natura, sono curiosi di introdurre nelle loro famiglie ragazzi con usanze e lingue diverse dalle proprie. 

Secondo alcuni professori, non tutti (e questo è importante e ne parleremo più avanti): “È un disastro per il programma scolastico e una perdita di soldi!” oppure affermano: “Quando tornate non riuscirete più a stare al passo, perderete il metodo, vi sembrerà strano studiare” e così via dicendo.

Alcuni genitori dicono: “È troppo lontano, poi non vuoi tornare più! Come facciamo senza di te?”. E qui non esageriamo, abbiamo sentito di genitori che si aspettano un messaggio dai figli ogni volta che escono e rientrano nella casa ospitante… ma andiamo oltre. 

Per molti studenti è un “Periodo troppo lontano da casa, per troppo tempo, dopo il quale non si riesce a riportare su la media e in  un paese dove si ha difficoltà a comunicare: ho paura di uscire dalla mia comfort zone”, e soprattutto si preoccupano di voti e valutazioni secondo il rigido sistema scolastico italiano.

Insomma, un distacco insormontabile fondamentalmente da tutto.

Noi non ci siamo fatte scoraggiare. Grazie al nostro interesse personale e alla voglia di partire per un viaggio culturale stratosferico, abbiamo scoperto che cosa si intendesse davvero per scambio all’estero.

Che le scuole straniere non siano all’altezza di quelle italiane non lo mettiamo in discussione, ma lo studio all’estero non è solo nozionistico, più che altro è interessante per conoscere nuovi metodi, materie e approcci ai concetti. Per esempio, nelle scuole costiere australiane c’è spesso l’indirizzo di biologia marina. Dal punto di vista del metodo, ci sono, ad esempio, differenze significative nella costruzione (“Aufbau” in tedesco) del testo tra italiano, inglese e tedesco; in Germania l’Aufbau logico è diverso dai criteri usati negli ‘Essays’ inglesi, o nei temi italiani. 

Tutto questo ovviamente in aggiunta a un’esperienza di vita completamente nuova, dove si imparano le cose fondamentali, seppur banali, come orientarsi nelle città nuove con i mezzi di trasporto; organizzare, regolare e spartire le spese;  prendersi delle responsabilità perché nessuno lo farà per te, ecc…insomma, quelle cose che inevitabilmente si devono affrontare nella vita adulta, ma che imparate quando le conseguenze non sono ancora disastrose, può essere divertente.

Intraprendere un’esperienza all’estero così giovani significa anche “ricominciare da zero”, crearsi una nuova vita in un posto nuovo, con persone nuove, mentalità diverse… tutto cambia. Ma soprattutto, cambiamo e cresciamo noi.

Le conclusioni che abbiamo tratto dalle numerose testimonianze, principalmente a Milano, Roma, Catania, ma anche Bologna, Firenze e Torino, sono le seguenti. 

In primis, la divulgazione della possibilità di andare all’estero durante il quarto anno di liceo dipende principalmente dai genitori e dai professori, poiché sui social e nei libri di scuola l’opzione non è ben pubblicizzata (in verità, di recente si vedono studenti che documentano le loro esperienze online, ma raramente in modo illustrativo).

Perciò in molte aree, ci è stato riferito, solamente quando professori o genitori, che evidentemente hanno fatto a loro volta questa esperienza e gli è rimasta nel cuore, la organizzano privatamente per i ragazzi, che non possono rendersi conto di cosa sia senza che gli venga raccontato per quello che è: non solamente una perdita del programma scolastico italiano.

Sia al nord che al sud abbiamo avuto una maggioranza di riscontri negativi: agli studenti né è stato raccontato né è stato proposto niente; nella regione Emilia Romagna, invece, la questione è ben pubblicizzata tra i ragazzi e nelle scuole, e anche le agenzie si attivano per farsi notare con volantini e cataloghi. Si potrebbe dire, per gli intellettuali, “in media stat virtus”.

Molto dipende anche dall’indirizzo della scuola. Abbiamo notato che le scuole con programmi internazionali tendono ad essere molto più all’avanguardia e propense alla divulgazione dell’exchange abroad, come sembra logico che sia, presentandole già nei giorni dell’open day.

Infatti, la scuola pubblica di Ludovica a Bologna, il Liceo Galvani, che dispone degli indirizzi Classico, Scientifico e Linguistico con potenziamento in tedesco, francese o inglese, ha addirittura un regolamento al riguardo e un modulo ufficiale per chiedere al consiglio di classe se sia raccomandabile che lo studente prosegua temporaneamente i suoi studi all’estero. Invece, il liceo linguistico tradizionale di Marzia, in Sicilia, sembrava cadere dalle nuvole quando lei ha chiesto informazioni al riguardo. 

Insomma, ci possiamo augurare che la nostra generazione porti avanti l’occasione di uno scambio all’estero tanto quanto noi giovani ce lo raccontiamo tra di noi, cercando e proponendo storie ed esperienze.

Ciò nonostante, molti ragazzi che cercano, si interessano e si mettono in gioco, arrivano a partire lo stesso. 

Marzia Panarello e Ludovica Borriello

Ludovica Borriello

Ludovica Borriello

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