La star americana del rally spentasi da poco.
Ma partiamo dall’inizio: chi era Ken Block? Ken Block nasce il 21 settembre 1967 a Los Angeles, Stati Uniti.
Viene inizialmente conosciuto per aver co-fondato DC Shoes nel 1994, assieme al fratello di Danny Way, leggenda dello skate. La compagnia spicca subito il volo con guadagni di 7 milioni di dollari a un solo anno dalla fondazione. Grazie alle campagne pubblicitarie e alle partnerships con vari atleti e piloti, Ken entra in contatto con il mondo del rally, e, nel 2004, prende le sue prime lezioni sulla guida rally alla Team O’Neal’s’ Rally School, nel New Hampshire. In poco tempo Ken comincia a gareggiare e ad apparire sui podi di tutto il mondo, vince 5 medaglie X Games e firma un contratto con la Ford per la WRC, World Rally Championship, diventando uno dei soli quattro americani arrivati a gareggiare in questa competizione. Durante la sua carriera guida Subaru, casa con cui inizia la sua carriera; passa poi nel 2010 alla Ford, con cui resterà 11 lunghi anni, e infine Audi, con cui lavora dal 2021.
Nel 2004 si sposa con Lucy, con cui ha tre figli, di cui la più grande, Lia, attualmente 16 anni, segue le orme del padre sulla strada del motoracing.
Block era una di quelle persone che si possono legittimamente definire fuori dal comune, straordinarie. E non era straordinario soltanto per quello che faceva, bensì per come si comportava e per come faceva sentire le persone accanto a lui, riferiscono in molti, tra amici, conoscenti e, ovviamente, familiari.
In particolare Christopher Smith, ora giornalista, riferisce di un episodio del lontano 2010 quando, con sua grande sorpresa, si ritrovò a cenare con Ken. Il fatto ancora più sorprendente è la facilità con cui Block riconobbe in lui il fan a cui quattro anni prima aveva firmato un poster – una questione di secondi – e comincia subito a conversarci amichevolmente, come se si conoscessero da una vita.
Kenneth Block era un uomo notevole dunque, ma cosa dire del pilota dentro di lui? Più unico che raro. Comincia la sua carriera a 37 anni, età di ritiro per molti altri, e, detto con l’ingenuo entusiasmo di un fan, riesce dove pochi sarebbero mai riusciti. Le sue corse, e più che le corse, il suo modo di guidare, lo stile e la capacità di far correre l’auto fanno sognare a occhi aperti: una danza, una danza mortale, in cui un solo errore può risultare fatale, una corsa contro se stessi e i limiti della fisica, con acrobazie che richiedono estrema precisione, e destreggiamenti al limite dell’impossibile. Da non scordare poi sono le occasioni uniche – progettate e orchestrate per intero da lui e il suo team – come le gare urbane a Londra, San Francisco, L.A., e molte altre città famose
Magnifico, è l’unica parola che resta in mente dopo aver visto le sue acrobazie nei video “Gymkhana”, letteralmente corsa a ostacoli, girati tra Florida, Messico, Cina, Giappone. Come niente fosse, scivola tra i coni, sgomma nelle curve, salta dalle rampe. Tanto fumo. Tanto rumore. Tutto così bello, così veloce, così eccitante e fluido da sembrare irreale. Si resta con un gusto dolce-amaro in bocca: divertimento e adrenalina a mille, ma anche il sentimento di tenere nelle mani quel volante, di avere la sua destrezza e di poter un giorno, andare come lui, far volare l’auto sull’asfalto, con una prontezza quasi surreale.
Ma poi l’esito drammatico: Ken si spegne infatti il 2 gennaio 2023, nello Utah, probabilmente a causa di un ribaltamento della motoslitta che stava guidando. Vengono chiamati i soccorsi, elicotteri, forestale, medici e polizia, ma non c’è più nulla da fare. L’incidente è fatale e Kenneth Block muore a 55 anni, all’apice della carriera, lasciando familiari, amici e tutto il suo team distrutti dal dolore. Di tante gare e progetti non finiti, di speranza e di giorni futuri ancora da scrivere, resta ormai solo un vuoto incolmabile.
Restano anche le parole di sua figlia Lia, forse l’unica che potrà mai esprimere pienamente cosa Ken fosse:
“Ieri non ho perso solo mio padre, ho perso il mio migliore amico. Era davvero tutto il mio mondo e anche l’unica persona che abbia mai ammirato. Qualunque cosa facessi, lui era sempre lì a sostenermi. Non riesco a credere a quanto velocemente sia stato portato via da tutti noi. Nessuna parola può descrivere quanto fosse straordinario mio padre, ha vissuto così tante vite, ha ottenuto più risultati in 55 anni di quanto la maggior parte delle persone possa fare in 10 vite vivendo la sua vita al massimo ogni singolo giorno”
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