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Un Dantedì… degno di nota!

da 25 Mar 2024Culture, In primo piano0 commenti

Chi al giorno d’oggi non conosce Dante Alighieri? Il padre della lingua italiana è una delle figure più iconiche della letteratura mondiale. 

La sua opera più celebre, la “Divina Commedia”, è uno dei capolavori più importanti della letteratura occidentale, apprezzato per la sua profondità filosofica, la complessità dei personaggi e la bellezza poetica. Dante ha influenzato profondamente la cultura: dalla filosofia alla letteratura, dall’arte alla musica, trasformando la nostra comprensione del viaggio spirituale e dell’esperienza umana. 

Ma quante delle espressioni che ancora oggi utilizziamo sono l’eredità di questo genio immortale?  In onore del Dantedì ve ne mostriamo alcune!

La prima vi sembrerà strana ed inaspettata:

“Stai fresco”: ebbene sì!

Con l’espressione “i peccatori stanno freschi”, il poeta si riferisce a quella zona dell’Inferno dove i dannati vengono colpiti da gelide raffiche di vento prodotte dalle ali di Lucifero. 

“Fatti non foste a viver come bruti…”:

Quante volte ce lo siamo sentiti dire da un professore o da una professoressa? 

La frase proviene da Ulisse – sì proprio quello dell’Odissea – che incita i suoi compagni a seguirlo oltre le colonne d’Ercole, un tempo ritenute i confini del mondo.  L’invito è a non vivere una vita priva di scopo, ma piuttosto a sfruttare appieno il potenziale umano per cercare la conoscenza e realizzare se stessi. 

“Galeotto fu…”: “’l libro e chi lo scrisse”. A parlare è il personaggio di Francesca, che racconta a Dante il suo infelice amore per Paolo. 

“Galeotto”, nel senso di ‘intermediario d’amore’ (Galehaut era il siniscalco di Lancillotto che gli procurò il primo incontro con Ginevra), fa riferimento al libro che ha causato il coinvolgimento di due amanti (Lancillotto e Ginevra) e che li ha portati a incontrarsi segretamente. Quindi, quando si dice “galeotto fu”, si sta indicando che qualcosa, come un libro, è stata la causa di un certo comportamento o di una situazione particolare.

“Fertile”: Questo latinismo ha raggiunto il linguaggio comune proprio grazie alla Divina Commedia, in particolare al Paradiso, in cui Dante descrive il luogo di nascita di San Francesco come una “fertile costa”. L’aggettivo “fertile” deriva dal verbo ferre, che significa “portare, produrre”, da qui il significato odierno di “fecondo, produttivo”.

“Non ti curar di loro ma guarda e passa”: Questa espressione dovrebbe essere considerata da tutti una vera e propria lezione di vita: da’ solo un’occhiata e vai oltre, non pensare a quello che pensa o che dice la gente, ma va’ dritto per la tua strada. 

Fate solo attenzione a una cosa: nella Divina Commedia questo verso era leggermente diverso. Esso recitava infatti:

Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.”

“Degno di nota”: Qualcosa che merita considerazione. Si trova nel canto XX dell’Inferno, e l’Accademia della Crusca ci fa notare come questa sia la prima volta in cui viene usato il termine “nota” in relazione alla memoria, e non a uno scritto.

“Senza infamia e senza lode”: Nella Divina Commedia Dante la usa per riferirsi agli ignavi, ossia a coloro che sono stati collocati nell’inferno per l’incapacità di schierarsi e di esprimere le loro idee. Dunque, il detto oggi è usato per indicare un qualcosa o qualcuno di mediocre, che non spicca né per pregi né per difetti.

“Fa tremar le vene e i polsi”: Si usa per indicare qualcosa di molto spaventoso, spesso riferito a compiti molto gravosi e difficili. Siamo all’inizio del poema (Inferno, I, 90) quando Dante, dopo aver ritrovato la strada fuori dalla “selva oscura”, incontra le tre bestie. 

”Dolenti note”: espressione usata anche con ironia per riferirsi alla parte più spiacevole di una situazione. Compare nel V canto dell’Inferno, Dante la usa in riferimento alle urla dei dannati.

Pamela Fusco

Pamela Fusco

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