“Sei un hacker?” La solita domanda posta dai neofiti in informatica, guardando un esperto all’opera.
Questa domanda mi perseguita da sempre, in molti credono che io sia un hacker, altri che sia un rompiscatole, ogni volta che tengo a precisare i vari aspetti di quel genere di persone a cui viene affibbiato questo soprannome.
Potrei, in effetti, stilare articoli di pagine e pagine, sugli hackers e sulle varie tecniche di hacking (‘hacking’ è uno dei vocaboli informatici più inflazionati, per colpa dei mass media)
In molti commettono l’errore di definire hacker ogni criminale su Internet; in genere viene fatta una distinzione di tre tipi, ma a mio avviso ce ne sono molti di più, ognuno con una caratteristica diversa.
Il termine cracker viene spesso confuso con quello di hacker, il cui significato è tuttavia notevolmente diverso. Alcune tecniche sono pressoché identiche, ma l’hacker è colui che sfrutta le proprie capacità senza recare danni alla vittima, per puro piacere, per conoscere i vari sistemi. Al contrario, il cracker è colui che sfrutta le proprie capacità (o in certi casi quelle degli altri, in tal caso la definizione più adatta è Lamer) al fine di recare più danni possibili (i cracker fanno spesso utilizzo del DoS, acronimo di Denial of Service), per truffare o per arricchirsi.
Vorrei dunque sfatare il luogo comune per cui essere un hacker equivale a essere un criminale.
Abbiamo già dato una definizione di hacker. Precisiamo, però: il reale desiderio di ogni vero hacker che si rispetti, è un mondo tecnologico in cui il suo lavoro non sia più richiesto, ovvero dove ogni sistema informatico sia impeccabile, quanto meno sul lato sicurezza.
Ogni persona con le giuste capacità potrebbe fare l’hacker e non commettere alcun tipo di reato. Potremmo a questo punto dire che il lavoro da hacker non sia così proficuo come si suole pensare, però ogni anno vengono organizzate delle competizioni chiamate Hackathon, HackDay, HackFest; ne abbiamo un chiaro esempio nel film biografico “The Social Network”, in cui si vede il giovane M. Zuckerberg organizzare una di queste competizioni fra i primi assunti per la sua startup, ormai divenuta pane quotidiano di chiunque (fondatore di Facebook.com). I vincitori di queste competizioni guadagno premi in denaro, ingaggi e borse di studio presso le aziende che le organizzano. Non sono certo istigazioni a delinquere, perché i partecipanti a queste competizioni devono riuscire a bucare/stressare/mettere fuori uso i sistemi di sicurezza che proteggono i vari brand, in modo tale da evidenziarne le vulnerabilità, su cui, in seguito e grazie al lavoro dei partecipanti alla gara, verrà effettuato dall’azienda un lavoro di BUG FIX (correzione dei vari errori), ove presenti. Il ruolo degli hackers è perciò necessario, proprio per evitare attacchi da parte di persone malintenzionate, come i cracker.
Recentemente un gruppo di crackers, chiamato LizardSquad, è divenuto famoso grazie ai numerosi attacchi DDoS ai danni di Microsoft e Sony, attacchi per cui tutti i videogiocatori hanno patito disservizi nel periodo natalizio. La LizardSquad, nei giorni prima dell’attacco del giorno di natale, aveva twittato cosa stava per compiere, richiedendo una rivisitazione dei sistemi di immediata dei sistemi di sicurezza da entrambe le case, senza avere però alcuna risposta. In questo modo hanno potuto tenere sotto stress i server per giorni. In questo caso la Lizard ha violato l’etica dell’essere un hacker sbagliando sin dal principio, aver danneggiato le due aziende Sony e Microsoft, per poi guadagnare fama è un comportamento da cracker.
Ricapitolando, ci sono diversi tipi di hacker e diversi tipi di hacking. Durante questi ultimi sessant’anni gli hacker hanno dovuto combattere per far valere i propri diritti, anche per causa delle bugie e delle inesattezze diffuse dai mass media. Ci sono state cause scatenate dalle lobby di Hollywood, per quanto riguarda la riproduzione del formato DVD, nei confronti di un adolescente che aveva creato un programma in grado di aggirare le protezioni imposte, per poter godere di un bene acquistato su una macchina linux (DeCSS).
Due dei nomi più famosi nel mondo dell’hacking sono Kevin David Mitnick e George Hotz, due geni contemporanei, che, per le loro abilità, hanno dovuto affrontare il carcere. Mitnick, un Lupen dell’informatica, è riuscito a farsi inseguire per anni dalla polizia americana, per poi essere preso e pagare con la reclusione e con il divieto per tre anni di accedere a Internet. Al termine della sua pena Mitnick, detto il Condor, ha fondato una sua azienda di sicurezza informatica.
George Francis Hotz, anche detto Geohot, un giovane hacker, è divenuto famoso per aver violato i sistemi di sicurezza della Apple e della Sony. Ha collaborato con Dev_Team nel 2008 per lo sviluppo del primo software in grado di eseguire una procedura di Jailbreak (procedura di sblocco, che ad oggi permette l’installazione di pacchetti di terze part su iphone 2g). Hotz è stato carcerato per essere riuscito a scoprire i permessi di Root (permessi di amministratore) sulla console PS3 di Sony, favorendo in tal modo lo sviluppo di CFW (custom firmware, un aggiornamento di sistema modificato) e ottenendo la possibilità di far girare copie pirata di videogiochi. Dopo la lunga battaglia legale con Sony, Hotz è stato assunto da Facebook, e poi da Google.
Un gruppo di hacker molto famoso è quello degli Anonymous, HACKtivists nati da una subcultura di Internet.
Definire il concetto di Anonymous è difficile, è un movimento tutt’altro che silenzioso, spesso in conflitto con società colossali, ogni qualvolta si sentono oggetto di soprusi.
Il gruppo Anonymous si fa forza con gli ideali, con la community e con le ottime capacità di hacking dei componenti.
Per far parte di Anonymous non c’è bisogno di essere esperti informatici, basta rispecchiarsi negli ideali stessi che li compongono. Come dice uno dei loro slogan più famosi “We are anonymous, we are legion …”
Anonymous ha da sempre combattuto per la libertà di parola/pensiero, ha inflitto molti danni alle chiese di Scientology, mandando fax completamente neri, intasando centralini con domande inutili e presentandosi fuori a tutte le chiese del mondo con la maschera di Guy Fawkes, divenuto poi uno dei simboli di Anonymous, come nella scena finale del film tratto dai fumetti di “V per vendetta”. Recentemente alcuni membri hanno preso una chiara posizione sulla storia del Charlie Hebdo e su ISIS. “Anonymous ha sempre combattuto per la libertà di espressione/stampa, Anonymous ricorda a ogni cittadino quanto questa sia uno dei principi fondamentali della democrazia, ed è responsabilità di tutti difenderla. Abbiamo sempre lottato per la libertà di espressione, non ci fermeremo ora. Attaccare la libertà di espressione è attaccare Anonymous” (Estratto del video avvertimento #OpCharlieHebdo).
Gli Hacker non sono il male della società, per essere un hacker bisogna seguire un etica, dei principi. Diffidate da chiunque si presenti come hacker, non avrebbe senso raccontare in giro di esserlo non vi pare?
Andrea Bacciu
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