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Lezioni online – Aneddoti dalla quarantena

da 20 Mar 2020In primo piano, Presente0 commenti

L’Italia è in quarantena e tutti noi siamo costretti a rimanere rinchiusi in casa. Questo isolamento ha portato con sè soprattutto noia, ma questa a sua volta ha portato alla fantasia: tra canti e balli, abbiamo tutti qualche piccolo aneddoto da raccontare una volta tornati alla normalità. La redazione di Ammazzacaffè non è da meno e ve ne racconterà alcuni ogni venerdì in questa nuova rubrica tutta incentrata sui nostri “Aneddoti dalla quarantena”.

Con la quarantena attualmente in vigore di questo mese, gli studenti di tutta Italia hanno gioito per la chiusura delle scuole e l’attivazione della didattica online. O meglio, la maggior parte degli studenti italiani. La situazione è un po’ più tesa, invece, per chi come me è all’ultimo anno delle superiori e ha un Esame di Stato in vista, di cui tra l’altro non si sa ancora né come si svolgerà né se verrà rimandato a settembre. 
Con queste condizioni precarie è facile dedurre una maggiore concentrazione degli insegnanti sull’assegnazione di compiti, la spiegazione dei vari argomenti e la successiva valutazione delle classi di quinto, ma purtroppo l’attuale situazione è nuova per tutti, in particolar modo per i professori, e di conseguenza ogni insegnante si ritrova a dover inventarsi metodi diversi per spiegare e raccogliere voti.

Vista la difficoltà dei docenti nell’organizzazione di un unico sistema online per l’insegnamento, si sono presentate diverse scene comiche nell’utilizzo dei più svariati e fantasiosi sistemi di valutazione, primo fra tutti al momento è il protagonista di questo aneddoto: verifica delle conoscenze su Italo Svevo e “La coscienza di Zeno” via gruppo WhatsApp. Sì, avete letto bene. La nota app di messaggistica è stata protagonista di un “compito in classe” le cui premesse già ci portano alla mente la quantità di gif, sticker e meme quotidiani che permeano ogni gruppo WhatsApp con quella solita area di cazzeggio e di inesistente serietà. Inutile dire che in una chat a parte con solo la nostra classe senza prof siamo riusciti a cazzeggiare e mandarci meme anche durante la verifica.

Ma andiamo alle modalità di questo compito. Prima fase: appello. Appena la professoressa mandava un messaggio con scritto il nostro nome, noi prontamente dovevamo rispondere con un bel 💪. Una sola regola e già molti compagni di classe hanno iniziato a mandare l’emoji senza capire di dover aspettare l’arrivo del proprio nome. Ovviamente, come succede anche negli appelli in classe, c’è chi invece di rispondere con l’emoji ha risposto con un ironico “vivo” o un semplice “eccolo”. Conclusa questa difficile fase, passiamo a quella successiva. 

Seconda fase: veloce spiegazione di quello che dobbiamo fare. La professoressa mandava la domanda a cui rispondere e ognuno di noi doveva mandare la risposta sul gruppo entro 4 minuti, superati i quali la risposta non sarebbe stata considerata. Tutto questo ripetuto per un totale di 10 domande. 

Terza fase: inizio della verifica. All’arrivo delle varie domande noi diligentemente abbiamo inviato le risposte, per poi però mandare tra una domanda e l’altra commenti (tra cui non mancano sticker vari) e domande alla professoressa di chiarimento rispetto alla sua richiesta (spesso così inutili da essere risposte in maniera incredula dagli altri compagni). Ovviamente non è mancato chi ha aspettato a mandare la propria risposta per poter copiare dalle risposte degli altri o chi, non ho dubbi, aveva tra le mani gli appunti presi in classe, il libro scolastico e varie pagine aperte su internet di analisi de “La coscienza di Zeno”. Non si è assentato nemmeno un ilare “ma se io dovessi andare al bagno?” a più o meno metà verifica, dopo la quale la professoressa ci ha concesso qualche minuto di pausa.

Quarta fase: sgamare chi ha copiato e chi non. Dopo qualche domanda, la professoressa ha cominciato a chiedere di non mandare le risposte prima di almeno 3 minuti, così che fosse più difficile copiare dalle altre risposte. Bella idea, se non fosse che è stata sottovalutata la velocità a scrivere sulla tastiera della nostra generazione e l’estrema facilità di un copia-incolla. 

Quinta fase: ho fame. Avvicinandosi la fine della verifica e anche dell’ora di pranzo, il bisogno di cibo inizia a farsi sentire e ai cazzeggi vari si uniscono parecchi  “ho fame” e richieste di un’altra pausa per prendersi qualche snack. L’inizio dell’ultima domanda è la più critica poiché bloccata da vari sticker, molti “daje” e altrettanti “dai che andiamo a mangiare”. Dopo una sgridata audio, finalmente arriviamo alla fine e con un divertito “dovete andare a pranzo no?” veniamo congedati dalla professoressa.

Con tutte le possibilità di copiare che ho descritto si potrebbe dedurre che abbiamo tutti avuto voti positivi, giusto? Sbagliato. Ci sono stati una buona dose di 4 o 5. Non ho la più pallida idea di come la nostra prof abbia fatto, ma non posso che farle i complimenti. 

Chiara Genovese

Chiara Genovese

Chiara studia Lingue nella Società dell'Informazione all'Università di Roma "Tor Vergata". Appassionata di scienze e divulgazione scientifica, spesso si cimenta nella scrittura e nella fotografia.

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