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Natale di culture

da 25 Dic 2022Creazioni, In primo piano1 commento

Il Natale, lo sappiamo, è una ricorrenza che coinvolge il globo intero, influenzando le varie culture, creando tradizioni. Natale è come un mondiale di calcio che unisce i popoli, possiamo dire che “Christmas” sia un termine ombrello. Talvolta lo diamo per scontato, ma non è mai solo una tradizione questa festività; è unione, amore, fede e famiglia. No, non voglio passare lo slogan di FdI, ho solo rubato il motto. 

Natale è il momento in cui tutti ci ricordiamo che forse siamo buoni. Un po’ triste, però è così. È un giorno che riunisce il mondo intero, nelle sue più varie sfumature. Anche all’interno di un unico Paese si possono trovare usanze differenti, prendiamo per  esempio l’Italia: la nostra redazione vanta un importante numero di ragazzi, provenienti dal Nord, Sud e Centro, di conseguenza siamo riusciti a raccogliere un po’ di testimonianze.

Partendo dal Sud, Aurora, detta Rory, ci ha raccontato del suo Natale, descrivendolo come un’enorme tavolata ricca di pietanze salate e dolci, lasagne e cannelloni. Ma non è solo il cibo, è anche il tempo che passa con la sua famiglia a fare giochi da tavolo o come ci racconta del proprio zio che fa il Mercante, quando giocano a “Il mercante in fiera”. Lei stessa poi parla di come sia importante per lei il momento ludico, nominando anche la tombola, di cui possiamo solo immaginare i premi. Magari il premio grosso è un cannolo grandissimo farcito con crema al pistacchio e panna, spolverato di cristalli di caramello e pistacchio tostato… Forse è meglio spostarci! 

Andiamo a Pescara, dove un giovane mai cresciuto, Alessandro, ricorda che tutti giravano attorno alla zia, poiché era la referente di Babbo Natale, e la riempivano di domande su quando e quali regali sarebbero arrivati. E poi una tavola piena di capolavori edibili a base di pesce, un pranzo il giorno dopo dagli zii e cugini, col ricordo della casa dei nonni: una tradizione rimasta negli anni e nei Natali sempre in famiglia, un piccolo mondo a parte, un locus amoenus. Chissà se tra questi panettoni farciti, torroncini e parrozzi (dolce a base di mandorle ricoperto di cioccolato), c’era il tempo per ascoltare le vicende della nonna?

Un Natale simile lo descrive Rachele, di Roma, che in particolare modo ci ha regalato una descrizione semplice, forse umile, ma incredibilmente unica. Una cena con i parenti, i soliti giochi da tavolo e chiacchiere a non finire. Ma a rendere il Natale veramente suo è il momento in cui gli ospiti tornano a casa propria, i genitori vanno a dormire e lei si ferma a guardare le luci dell’albero. Lo fa con in braccio il suo cane, creando dei piccolissimi ricordi, che rimarranno impressi a vita, da custodire nello scrigno cristallino di abitudini. Forse lo farà per tutta la sua vita, forse si dimenticherà di questa sua usanza, ma di certo sarà sempre in un angolo remoto della sua mente. Sarà il ricordo che farà da sinonimo a “casa”.

Salendo ancora troviamo Ludovica, una ragazza divisa tra Napoli e Firenze, due realtà apparentemente opposte, ma che nella sua famiglia si fondono armoniosamente. Se dalla parte materna la cucina a base di carne si spinge per rendere orgoglio alla Toscana e le sue bontà, dall’altra una forte tendenza meridionale fa sentire il suo legame col mare e con il pesce. Eppure in questo piccolo scontro di usanze, c’è spazio per la condivisione: io imparo da te e tu da me. Ti mostro la mia cultura e tu a me la tua, una cessione unanime per rendere il proprio Natale unico.

Ci spostiamo, poi, in Emilia Romagna, dove Alice, residente a Bologna, sa che il suo Natale è fuori dal comune, specialmente per un piccolo dettaglio: la Vigilia la passa con il padre a casa del nonno, mentre il Natale lo passa con la famiglia di mamma. Ma non è questo che, ovviamente, la rende più entusiasta del Natale, perché lo spuntino di Babbo Natale non è solo biscotti e latte, bensì mandarini, anacardi, noci e, perché no?, una bottiglia di birra! Ma ancor più importante è la sua città, che già da novembre inizia ad addobbarsi, ma in modo peculiare: nella famosa via D’Azeglio, lungo la strada, con delle luci al neon sono scritte le parole di una canzone famosa, che quest’anno è “Imagine” di John Lennon.

Ma non finisce qua. Ammazzacaffè è una redazione che unisce l’Italia, ma non solo, Matteo di origini rumene e Aleksandra di origini polacche scrivono delle loro tradizioni, mettendo in comune un tratto che distingue le loro culture da quelle italiane: l’importanza della Vigilia. 

In Romania, racconta Matteo, la tradizione continua sotto due aspetti diversi: la città e la campagna. Nel primo caso, come succede nelle metropoli, le tradizioni si vanno a spegnere, Rilke le chiamava le “prigioni dell’anima”. Quindi le usanze che vivono ancora nelle campagne, come i cori di tre o quattro persone, che partono dal pomeriggio del 24 fino a notte fonda del 25, muovendosi per la città facendo l’elemosina, che diventano masse di cento, che cantano nelle grandi chiese e per le comunità. Inoltre, Matteo fa notare che nei paesini Babbo Natale… non esiste! I bambini spero non leggano questo testo, certo che Babbo esiste! Il motivo dell’assenza di questa figura è perché Babbo Natale è considerato una influenza straniera, che si scontrerebbe con la tradizionale religiosissima cultura rumena.

Per quanto riguarda la Polonia, invece, pure le città restano ancora dominate dalla tradizione. Aleksandra racconta come sia fondamentale che alla cena della Vigilia ci siano almeno dodici portate, a ricordare Maria e gli undici apostoli. Nella sua cultura la fede ha un ruolo fondamentale, giacché lo Stato stesso si trova in situazioni considerate arretrate, poiché la religiosità in alcune parti è alle stelle. Solitamente si tratta di enormi cenoni di famiglia, minimo dieci invitati, e durante l’intera giornata si digiuna fino alle quattro di pomeriggio, per cominciare con i piatti freddi, poi caldi e infine il dolce, o meglio i dolci. Si finisce di cenare a mezzanotte, i bambini vanno a dormire e i grandi iniziano a scambiarsi i doni e gli auguri più sinceri, che fra vodka e cibo diventano anche divertenti. 

Sono storie diverse, esperienze uniche, quelle che ci raccontano i nostri protagonisti. Tuttavia, in questa differenza, si riscontra il tema del Natale e della famiglia. Famiglia, termine che deriva dal latino e indica un gruppo di persone di classi diverse abitanti in un unica casa. Possiamo sostituire “casa” con “redazione” e “abitanti in” con “scriventi per”. Ecco Ammazzacaffè, la nostra casa, la nostra usanza. 

Ci scambiamo pure noi doni, non sono materiali, ma sono parole. Alcuni pazzi diranno che le parole volano, ma una persona normalissima come Alda Merini scrisse una frase che in troppi pochi conoscono: «Arriva un ospite. Parola. Parola. Pa-ro-la. Parola, Parola. Mi bacia le labbra, pronuncio la parola». Le parole sono preziose, per certi versi pericolose, ma bastano solo loro per creare una situazione di armonia e gioia. Questo è il nostro regalo per voi, speriamo ve ne prendiate cura, perché ognuno dei ragazzi che hanno partecipato alla stesura, si è aperto a voi. 

Buon Natale! 

La redazione!

In collaborazione con: Aurora, Alessandro, Ludovica, Rachele, Alice, Matteo e Aleksandra.

Aleksandra Babis

Aleksandra Babis

«Volai nel cielo senza mai cadere», scriveva il libro, mentre la ventenne lo chiudeva, sorridendo al cielo.  Aleksandra, nata in Polonia, è una studentessa di Lettere moderne presso l'Università statale di Pisa, che tende ad avere dei picchi di cinismo e follia, quando poggia la penna sulla carta. Lasciate ogne speranza o voi ch'intrate.

1 commento

  1. Endri

    Bel articolo

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