Anche quest’anno nella notte del 2 marzo si è conclusa l’86esima cerimonia degli academy awards. In una delle edizioni più seguite e
agguerrite degli ultimi anni, noi italiani possiamo tornare a gioire dopo 15 anni con la vittoria de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino che ha conquistato l’undicesima statuetta per l’Italia.
Come da tradizione non si sono fatte attendere le polemiche post cerimonia, una su tutte il presunto torto subito da Leonardo Di Caprio, rimasto a bocca asciutta anche quest’anno. Ma andiamo con ordine.
Grande trionfatore della serata è stato Gravity di Alfonso Cuaron. Il regista ha ricostruito una rappresentazione verosimile dello spazio affiancata da una trama semplice ma profonda interpretata da due attori di prim’ordine come Sandra Bullock e George Clooney. L’immenso lavoro è stato ricompensato con 7 premi Oscar per lo più tecnici ad esclusione della statuetta per miglior regista vinta proprio da Cuaron. La stessa Bullock era in lizza per il premio per la miglior attrice protagonista, statuetta poi assegnata alla splendida Cate Blanchett.
Quello che però non è riuscito a vincere Gravity è l’Oscar per miglior film, il più ambito. Il premio è infatti andato a 12 Anni Schiavo di Steve McQueen che racconta la storia di Solomon Northup, violinista di colore, che viene rapito è reso schiavo per 12 anni. “Aiutato” forse dalla tematiche della schiavitù, molto a cuore agli americani, 12 Anni Schiavo porta a casa 3 statuette: Miglior Film, Miglior sceneggiatura non originale e Miglior attrice non protagonista a Lupita Nyong’o, sorpresa della serata, che vince la concorrenza di Jennifer Lawrence, già trionfante l’anno scorso, e della sua eccezionale interpretazione in American Hustle che fa incetta di nomination ma non ne vince nemmeno una, forse la più grande ingiustizia della serata.
Per altri, invece, la più grande ingiustizia della serata è stata la mancata assegnazione della statuetta per il miglior attore a Leonardo Di Caprio. Il web, soprattutto in Italia, si è schierato prendendo le parti del “povero” Leo; purtroppo però, spesso, abbiamo l’abitudine di sentenziare senza conoscere la realtà dei fatti o senza aver visto nessuno dei due film.
Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club ci ha probabilmente regalato la sua migliore performance interpretando un malato di aids che lotta contro il sistema sanitario americano; impressionante anche la trasformazione fisica dell’attore, arrivato a perdere 20 Kg per interpretare al meglio il personaggio.
Dall’altra parte abbiamo un Leonardo Di Caprio al culmine della carriera, anche lui eccezionale nel sapere destreggiarsi tra le mille sfaccettature di un personaggio come Jordan Belfort: milionario cocainomane in preda ai propri egoismi.
Dare un giudizio oggettivo è praticamente impossibile, per me McConaughey la spunta di poco. Forse Di Caprio avrebbe meritato l’Oscar ma si è trovato a fronteggiare un avversario troppo forte, probabilmente anche il tipo di film non lo ha aiutato, forse troppo esplicito per l’academy. L’interpretazione di McConaughey però è stata semplicemente emozionante. Lui e Jared Leto, vincitore dell’oscar per attore non protagonista, hanno reso Dallas Buyers Club maledettamente reale, qualcosa che va oltre la definizione di film.
Alla fine in realtà è anche a questo che servono gli Oscar: richiamare l’attenzione su determinate questioni che attraverso la cinepresa riescono a raggiungere un pubblico vastissimo. Qui subentra anche la responsabilità di un film: rappresentare la realtà così come è, o è stata, e renderla fruibile a tutti tramite la luce di un proiettore.
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