Io ero lì. Sulla terrazza coperta, illuminata dalla luce del camino. Ero seduto sulla poltrona, stanco della solita, interminabile, giornata. Nel posacenere la sigaretta finiva di spegnersi, lasciando una leggera scia di fumo.
Lo scoppiettio della legna nel camino e il respiro del mio cane, accucciato accanto a me, erano gli unici suoni a rompere il silenzio.
Posai lo sguardosul vecchio mobile, ormai instabile, che un tempo era stato di mia zia. E lo vidi. Aveva un leggero strato di polvere, sotto cui si intravedeva del rosso.
Spinto da non so cosa, mi alzai e mi avvicinai. Poi lo presi tra le mani.
Il titolo e l’autore erano quasi illeggibili. Cominciai a sfogliare le pagine ingiallite, e la polvere smossa fece starnutire il cane. Lo sfogliai, ma non riuscii a capire bene quale fosse il suo contenuto. C’era solo un modo per scoprirlo: iniziare a leggerlo.
Due, cinque, dieci capitoli, la storia mi tenne incollato alla pagine.
Continuai. Nella stanza regnava il silenzio. O forse, la mia concentrazione era così alta che non sentivo alcun rumore. Senza neanche accorgermene arrivai a più di metà. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle pagine, le parole mi entravano dentro una dopo l’altra, disegnando mondi. Continuai senza sosta, finché mia madre mi urlò che la cena era pronta. Doveva avermi chiamato varie volte, ma io non avevo proprio sentito. Ero come altrove.
Non tutti capiscono la bellezza della lettura. Quando riesci a staccarti dal mondo, per crearne altri e diversi. Per dedicarti a sognare. Grazie a quelle pagine di parole, che avvolgono ogni spazio e ogni tempo.
Daniele Mazzoni
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