Ammazzacaffè
Scriviamo cose, intervistiamo gente

Mulan: il coraggio di osare (pt. 1)

da 22 Apr 2021Creazioni0 commenti

La famiglia Fa, dopo un’offerta di lavoro ricevuta dal padre Zhou, si trasferì a Kabul, capitale dell’Afghanistan, teatro di conflitti e guerriglie. Nonostante i colpi di arma da fuoco che si sentivano la notte, in famiglia tutto procedeva per il meglio: il padre lavorava e la madre, Li, assieme alla suocera, Ai, si occupavano dei doveri in casa.

Su quel eterno campo da battaglia, nacque Fa Mulan, bambina dagli occhi a mandorla e i capelli fuligginosi. Crescendo, apprese di essere diversa dalle altre bambine: per lei il divertimento era giocare a pallone con i compagni di classe, che però non la accettavano perché ragazza. Spesso sgattaiolava di soppiatto e si nascondeva dietro agli alberi del suo quartiere malfamato per vederli giocare. L’unica a sapere della questione era la nonna Ai, chiamata dalla nipote “Zumu”, (“nonna” in cinese), a cui Mulan era molto affezionata. 

Gli anni passarono e la piccola bambina curiosa divenne una bellissima donna, il cui destino, sebbene all’epoca da lei sconosciuto, era quello di rendere onore alla sua famiglia, sposando un uomo di buona stirpe, secondo le tradizioni della società patriarcale afghana. 

A 30 anni dalla nascita di Mulan, accadde che il gruppo terroristico e fondamentalista dei talebani cinse d’assedio la capitale, cercando di imporre regole basate su un’interpretazione tradizionalista del Corano. Per tale ragione, nacquero diversi gruppi clandestini con lo scopo di combattere contro l’impetuosa popolazione estremista. 

Tornando a casa, accompagnata dal suo fedele amico Fratellino, qualcosa di rosso appeso al muro attirò l’attenzione di Mulan: un manifesto che richiedeva l’arruolamento di almeno un uomo per nucleo familiare. In quel momento Mulan sbiancò, spalancando la bocca. Non poteva essere vero. Come si poteva pensare di obbligare delle persone ad arruolarsi in guerra?!  

Appena si riprese, strappò il manifesto e corse a tutta velocità verso casa; spalancata la porta, vide la madre in ginocchio, piangere disperatamente. Così capì. Suo padre aveva intenzione di rispondere alla chiamata, trascurando il fatto che avrebbe avuto poche possibilità di sopravvivenza, a causa della sua veneranda età e il suo debole stato di salute. Lo avrebbe fatto per onorare il nome della sua famiglia e dei suoi antenati, diceva. Ma l’unica cosa a cui Mulan poteva pensare era che dopo la sua partenza, non lo avrebbe mai più rivisto. E la cosa peggiore, era che non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo. 

Per quanto non volesse pensarci, la notte non riuscì a chiudere occhio, perché nel suo animo una voce le ripeteva di fare ciò che secondo lei era la cosa giusta, anche se pericolosa. E lei decise di ascoltarla. Così, facendo la massima attenzione a non svegliare nessuno, indossò le vesti del padre, si tagliò, per sua disgrazia, i lunghi capelli, si tracciò sulla faccia una barba finta e partì verso il campo di addestramento. 

Non aveva pensato bene al fatto che se fosse stata scoperta sarebbe stata uccisa, in quanto una donna in guerra non era altro che un’assurdità, un problema da risolvere con un colpo di pistola. 

Giunta al campo, si accorse dell’enorme errore che aveva commesso e si nascose, quando, improvvisamente, vide un’ombra scura avvicinarsi a lei. Terrorizzata, si alzò in piedi e impugnò la pistola, puntandola alla cieca. Così Mulan conobbe il suo spirito guida, il saggio e matto guerriero del villaggio Mahdi. Inizialmente, la sua intenzione era di smascherarla, ma dopo aver ascoltato le ragioni di Mulan decise di mantenere il segreto e diventare sua complice. Così, dal loro primo incontro, i due divennero inseparabili e la giovane guerriera lo soprannominò “Mushu”, nome che le ricordava il simpatico draghetto rosso delle storie raccontate da Zumu, quando non riusciva a dormire. 

Quando i due si recarono verso gli accampamenti incontrarono altri tre uomini: quello che intimoriva maggiormente Mulan era Omar, che, anche se molto basso, era alquanto muscoloso e tappezzato di cicatrici. Gli altri due invece, Karim e Rayan, sembravano essere innocui, poiché uno più imbranato dell’altro. La donna non si sentiva per nulla a suo agio, dato che l’unico uomo a cui Mulan avesse mai proferito parola era suo padre!

Intanto, giunse il generale di Jalalabad accompagnato dal figlio Saad, il tipico atleta tutto muscoli, niente cervello, che aveva ottenuto tutto ciò che desiderava: il primo posto a direttore di un esercito di malcapitati, condannati a morire in una guerra in cui non era loro compito combattere. Mulan già non lo sopportava, e, non appena il generale se ne andò lasciando le redini al figlio, quest’ultimo si finse una persona rispettabile e iniziò a fare l’appello. Quando arrivò a chiedere a Mulan come si chiamasse, questa non seppe rispondere, e rimase in silenzio per qualche istante, finché non urlò: “Ping!”.  Ancora una volta le storie di nonna Ai tornarono utili! Grazie, Zumu!

Mushu tirò un sospiro di sollievo, troppo forte, ma che fortunatamente non si sentì. Pertanto, il generale senza scrupoli comunicò loro che l’indomani avrebbe iniziato l’addestramento. Mulan, che non si era mai allenata prima, era sbigottita. Certo, avrebbe sempre desiderato imparare la fantastica arte del karate, ma in città non si era mai vista una donna praticare alcuno sport, dato che il suo unico scopo nel mondo era quello di riproduttrice per colmare i vuoti nelle file dell’esercito. Mushu, che vide la faccia preoccupata di Mulan, la prese da parte e, con una strizzata d’occhio, le promise che non l’avrebbe mai lasciata sola. E lei gliene fu grata. 

Le tecniche di addestramento non furono per niente una passeggiata: imparare ad usare un fucile Gewher 98 o mettere il tuo avversario al tappeto a mani nude erano cose che Mulan, per quanto “affascinanti”, non si sarebbe mai sognata di fare. Inizialmente fu una totale frana, ma non diede ascolto a chi si prendeva gioco di lei e si allenò giorno e notte, con l’unico scopo di mostrare a loro, ma soprattutto a sè stessa, del fatto che niente l’avrebbe fermata.

Dopo un lungo mese di addestramento, l’indesiderato momento di entrare in battaglia era ormai giunto, e Mulan, mentre ci si incamminava attraverso i campi spaventosamente deserti dell’Afghanistan, era sempre più terrorizzata….

Manfrini Sofia

Puoi leggere la continuazione di questa storia qui.

Sofia Manfrini

Sofia Manfrini

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ammazzacaffè è un laboratorio di comunicazione digitale che unisce studenti da tutta Italia in uno luogo virtuale dove scoprire, discutere e condividere informazione con uno sguardo sul presente dal futuro.

Altri articoli