-5 Daisy
Quell’uomo pensava e titubava troppo per i miei gusti, così lo incalzai:” Non ci tenga cosi sulle spine! Parli.”
Parlò. Ma quello che ci disse… no, non era per niente una bella cosa!
Mi mancarono le forze, e Josh mi sostenne, ma poi si accasciò sulla panca dietro di noi, anche lui stravolto… e incredulo.
Le parole di quell’uomo rimbalzano tuttora nella mia mente, come un eco: “Sono Frank, e sono costretto ad allinearvi con il corso degli eventi. Questa mattina alle ore nove e dieci c’è stato un attentato terroristico. Una bomba è esplosa dentro il bar “Good morning”. Non ci sono sopravvissuti.
Lo so, non mi crederete e questa non è una cosa facile. Adesso ci troviamo nella “scatola”, una specie di sala d’attesa. È come se fosse la proiezione di dove vi trovavate prima che accadesse. Serve per farvi sentire meno spaesati, in teoria. Avete un giorno per stare ancora qui, un giorno solo. E solo come ‘anime’…
Sarete voi due. Potreste incontrare altre persone, forse, ma non potrete parlarci. Nella scatola si rimane finché non si è elaborata e accettata la… la propria morte.
Dovrete riuscirci. Voi avete un giorno, le persone normali un’ora sola, talvolta pochi minuti. Mi dispiace.
Ovviamente… se non riuscirete ad accettare tutto ciò entro il tempo previsto, non riuscirete a passare oltre. Resterete intrappolati qui.
Ho deciso di fare questo strappo alla regola, perché mia figlia ha la tua età, Daisy. La guardo sempre, ma in te vedo un po’ di lei, e voglio che voi abbiate il vostro appuntamento.
Ci rivediamo qui domani mattina alle nove, e se tutto andrà bene, passerete oltre. O insieme, o separati. Questo sta a voi scoprirlo. Non c’è altra via per uscire da qui. Mi dispiace. A domani.”
Capii di essere morta. Frank, in effetti, ebbe tatto, e sul finale si commosse, anche. Poi, semplicemente, si girò e andò altrove. Forse ad “allineare” altre persone.
Mi sentii persa. Piangemmo insieme, io e Josh. Abbracciati così stretti da essere una cosa sola. Piangemmo molto, o poco. Il tempo era così strano. Poi, Josh si asciugò le lacrime, mi sorrise e mi disse una cosa che mi lasciò spiazzata: “avremo il nostro terzo appuntamento, e poi andremo oltre. Vuoi venire oltre con me?”
Io dissi di sì. E le nostre ventiquattro ore trascorsero parlando di tutto, tranne che del fatto che eravamo morti. Quello no. Perché noi, ormai, l’avevamo accettato.
Con lui al mio fianco, anche la morte sembrava meno dura, da accettare.
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