“Sono di fronte a lei.
La stanza è buia.
L’unica cosa che posso vedere è il suo volto, illuminato dallo schermo del telefono.
La guardo e improvvisamente l’attenzione ricade sui suoi occhi, azzurri. Di un azzurro talmente acceso da far luce anche nella più buia delle stanze.
Guardo ancora più a fondo i suoi occhi e riesco a notare come siano attenti a scrutare le notizie della gente in rete. Guardo le sue sopracciglia folte, il suo naso all’insù, i capelli color oro.
Non si accorge che io la sto fissando e che in questo preciso istante io vi sto raccontando ciò che di stupendo solo io posso vedere.
Ha cambiato posizione e il telefono la illumina sempre meno, allora mi sposto.
Riesco ancora a guardare quegli occhi ed è come se riuscissi a guardarla dentro.
Ha quel l’azzurro così intenso ma allo stesso tempo trasparente, che permette al mio pensiero di scavare nel suo profondo. Riesco a vedere una ragazza, una ragazza che da un giorno all’altro sta diventando donna; riesco a vedere allo stesso tempo una bimba, una persona generosa, affettuosa, una persona cui la mattina, per almeno due ore da quando si è alzata dal letto, non si può rivolgere la parola.
Sento il ticchettio dell’orologio e nient’altro.
Decido di riposare, tanto so che, domani, quegli occhi saranno ancora lì, di fronte a me.”
– dedicato alla mia amica, ormai sorella Ilaria
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