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Mamme senza utero

da 8 Mag 2022Creazioni, In primo piano0 commenti

Nata nella primavera del ’77 e con un passato decisamente difficile e povero, mia mamma è una mamma senza utero. La vita non le ha sorriso spesso e forse per questo ora tende ad avere una visione del mondo pessimista e severa. Non è brava a mostrare amore, tende a essere distaccata e aggressiva, quindi spesso, e volentieri, facciamo fatica a capire quanto ci ama. Diffida dei ragazzi e dei giovani, perché lo è stata pure lei e di cazzate ne ha combinate. Iniziando con l’alcol fino ad arrivare alla cocaina e altre droghe pesanti. Parlando di cazzate, ammetto che pure io potrei averne fatte, ma non me lo fa pesare; anche se dopo la mia nascita le hanno trovato un tumore all’utero e si è sottoposta a un’aggressiva cura ormonale. È passata da leggero sottopeso e abiti attillati a 136 chili e taglie extra large. È stato un trauma per mia mamma. Si è vista perdere la silhouette, la bellezza, la femminilità. Eppure con molta difficoltà riesce ad accertarsi. Accertarsi… è una parola un po’ fuori luogo, perché tuttora a volte si ferma a guardarsi allo specchio e rimpiangere la vecchia lei.

Due mesi fa si è sottoposta a un intervento per rimuovere l’utero. Questa volta sono io che mi sono fermata a riflettere sulla parola “donna”. Cosa ci rende davvero femminili? Sono i vestiti? È il corpo, gli organi? Sarò sincera: non lo so. Non so cosa mi definisce come essere umano di sesso femminile, anche se fino a ora mi sono convinta che fosse il mio corpo a urlare: “SONO UNA DONNA!”. Forse credevo fosse proprio l’utero a rendermi ciò che sono, eppure mia madre ne è priva, ma rimane comunque una donna. Nessuno la etichetta come trans, questo perché non è il corpo a definirci. Tra me e una ragazza trans non c’è differenza. Non avrà l’utero, ma la femminilità resta. 

La differenza tra me e una qualsiasi persona è la mia testa, non la pelle e non il sesso. Non intendo dire che tutti siamo asessuati o di carnagione identica, bensì che quello che cambia è la personalità; cosa di cui tutti dimenticano l’esistenza quando in tavola si trova la carnagione e il sesso. Anche perché non è che se uno è nero deve essere per forza sempre innocente e un omosessuale sempre simpatico.. Non è nemmeno vero che tutte le ragazze trans siamo delle donne con una sesta di seno, labbra rifatte e di dietro paragonabile a una mustang, alla Nicky Minaj; ma onestamente sono gusti e, se piacciono a loro, che voce ho in merito? Nessuna. 

Oggi è la festa della mamma e in giro nel mondo ci saranno delle madri come la mia, senza utero. Non è un discorso sui tumori che vengono alle donne, bensì sulla differenza tra le donne: sorelle, ricordatevi che non è il corpo o il ciclo a renderci ciò che siamo, bensì la testa. Noi non siamo all’esterno dello scheletro, siamo dentro il cranio. È lì che si crea il nostro essere, quello che siamo, quello che desideriamo e quello che amiamo. Il corpo è solo un tramite, per farci interagire. Il problema è che molti si dimenticano che alla fine siamo come delle larve asessuate con l’esoscheletro sessuato. Il nostro guscio ha un sesso, ma se dobbiamo identificare una persona, dobbiamo chiedere alla sua testa cosa pensa. Magari evitiamo di definirci furry (animali con sembianze antropomorfiche), anche se tutto è legittimo. Siamo animali, sì, ma siamo umani. 

Spesso tendiamo a dare per scontato che le persone si sentano a proprio agio con il proprio corpo, eppure siamo consapevoli che ci siano un po’ di cose che non vanno bene, perché altrimenti non esisterebbero malattie relative al nutrimento e individui, anzi persone (non volevo fare una ripetizione, ma rischio di essere fraintesa), che si sottopongono a interventi di passaggio di genere. Per questo sono qua a scrivere, perché c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza anche ai boomer di Facebook, che si lamentano perché hanno visto due ragazzi baciarsi o rimangono sconvolti perché il cameriere li ha messi a sedere vicino a una coppia gay e ne scrivono una recensione da una stella. Il problema è che passiamo troppo tempo a odiare, invece di porci la domanda: io sto nel mio uccello o nel mio cervello? Stesso vale per le donzelle fuori, che persistono a tenere il naso arricciato. Perché se uno sta nell’organo sessuale, non ci poniamo più il problema e ci lasciamo tutto alle spalle come prima: la discussione diverrebbe troppo pesante pure per me e non penso sia abbastanza intelligente come discorso, perché se uno pensa con quello, capite pure voi che c’è poco da fare.

Se invece si è nel cervello, è più fattibile. Ognuno di noi cattura ricordi, istanti, emozioni e desideri nella propria mente. Siamo esseri che hanno il privilegio di decidere se fare una cazzata o meno. Lo scriviamo quel commento omofobo per valutare il ristorante? Forse non è il caso, visto che pure loro, si spera, stanno nel proprio cervello e come noi hanno il diritto di essere diversi. Una volta lessi in un libro che era la convinzione di essere diversi dagli altri a renderci tutti palesemente uguali. E onestamente non posso che dargli ragione. Alla fine siamo tutti talmente egocentrici, da non renderci conto che siamo sette miliardi di persone e l’unicità è ormai un concetto stereotipato. 

Come ho detto prima, è la festa delle mamme, però vorrei anche ricordare che mamme non lo si è solo mettendo al mondo un figlio, bensì crescendolo. Una mamma può anche non aver mai avuto una gravidanza ed essere chiamata in questo modo tutti i giorni. Per mia sorella, io sono la seconda mamma, eppure non è un frutto mio. Così è pure per un papà, perché non è genitore chi ti fa, bensì chi ti cresce. Un bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà, però è da chiarire che la mamma può non avere un seno prosperoso e un utero per esserlo. Mia mamma non ha l’utero eppure lo è. 

Molte donne, ovvero persone che si identificano con il genere femminile, affrontano delle battaglie sociali tutti i giorni. La discriminazione dell’essere femminile esiste e ora è ancora marcata dai margini imposti dalle persone ottuse, che cercano di mascherarli con la parola “morale”. Ribadisco, non c’è nulla d’immorale nel trovarsi in un esoscheletro sessuato e trovarsi a disagio quando non corrisponde. Secondo la Chiesa e altre religioni che prevedono la funzione del corpo come tramite che muore; l’anima non ha genere, pure nelle funzioni che si usavano fare per gli angeli celesti, questi erano asessuati, ciò significa che per la religione non dovrebbe essere importante il corpo. Un esempio discusso dall’Antico testamento potrebbe essere nel libro della Genesi: come si legge nella Bibbia, Adamo ed Eva si iniziarono a vergognare della propria nudità solo dopo aver mangiato la mela e su molte facciate romaniche vengono rappresentati asessuati, di conseguenza la sessualizzazione, a parere mio, potrebbe essere anche un castigo divino. Una pena che si deve scontare, finché non si apprende che non c’è mai stata differenza tra uomo e donna e che se superassimo queste barriere mentali, potrebbe attenderci della nuova armonia sociale. 

L’uomo, come essere umano, come esistenza umana, non ha sesso. Una ragazza trans è tanto donna quanto me, è tanto femminile quanto me, deve essere accettata come lo sono io; altrimenti si rischia di cadere in un vortice di discriminazioni contro il sesso femminile, che, per ricordarlo, sono illegali. È legale però non riconoscere subito l’identificazione sessuale di un essere umano, che pertanto dovrà renderlo sempre noto. Caso contrario, dovremmo essere noi a far tornare l’uso del bel vecchio maschile neutralizzato, che sarebbe il nostro sostantivo neutro, per parlare con le persone che non conosciamo o darci del Lei. 

Siamo nel secolo delle rivoluzioni, delle innovazioni, delle definizioni, diamoci dentro, perché il futuro è nelle nostre mani. Noi siamo il futuro, noi piccoli millenials o bimbi della generazione Z, che abbiamo il potere di rendere il mondo un posto dove una ragazza trans di vent’anni non è vista come un mostro, bensì come una donna forte che affronta la vita assieme alle sue sorelle. Un posto in cui non esistono i topos dell’omosessualità e della transessualità. Un posto in cui le donne stesse non si differenziano a vicenda, perché una ha l’utero e quindi può dare vita. Perché il fatto che una donna abbia l’utero, non dà per scontato che può dare vita. La mia migliore amica non può. Lei è una donna con l’utero e comunque, per causa di problemi ormonali, ha una possibilità di sterilità alta. Non tutte sono “meglio” di una ragazza trans, forse per questo ora sto scrivendo. Forse quando si scopre di essere simili, ci alziamo e facciamo sentire la nostra voce. 

Forse è quando ho realizzato che mia madre non ha l’utero, quando la mia migliore amica ha saputo delle sue condizioni fisiche e quando ho visto nelle donne che vedo tutti i giorni delle difficoltà caratteriali o fisiche, ho deciso di sedermi alla mia scrivania e scrivere questo pezzo di carta. E allora, voi che leggete e siete arrivati qua, in sintonia o meno con le mie parole, siete consapevoli di aver alzato una mano per farvi sentire. Non servono disordini per farsi sentire, bensì un piccolo gesto che lasci tutti a bocca aperta, senza proferire parola. Questo gesto è non avere paura degli occhi degli altri, delle loro lingue e dei loro pregiudizi, alla fine forse ragionano davvero con l’organo genitale.

Aleksandra Babis

Aleksandra Babis

«Volai nel cielo senza mai cadere», scriveva il libro, mentre la ventenne lo chiudeva, sorridendo al cielo.  Aleksandra, nata in Polonia, è una studentessa di Lettere moderne presso l'Università statale di Pisa, che tende ad avere dei picchi di cinismo e follia, quando poggia la penna sulla carta. Lasciate ogne speranza o voi ch'intrate.

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